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Recanati. Per “Cinema è bello” un efficace e partecipe ritratto di un mondo che molti preferiscono non conoscere e disprezzare.

Tratto da Internet

Tratto da Internet

Interessante proposta del Circolo del Cinema di Recanati, per la serie “Cinema è Bello”,  curata da Beniamino Gigli, che propone il film A Ciambra di Jonas Carpignano GIOVEDI’ 16 NOVEMBRE 2017   ORE 21,30 Multisala Sabbatini Recanati  Sala Gigli   Ingresso  €  5,00

Recensione di Giancarlo Zappoli

Pio, 14 anni, vive nella piccolo comunità Rom denominata A Ciambra in Calabria. Beve, fuma ed è uno dei pochi che siano in relazione con tutte le realtà presenti in zona: gli italiani, gli africani e i suoi consanguinei Rom. Pio segue e ammira il fratello maggiore Cosimo e da lui apprende gli elementi basilari del furto. Quando Cosimo e il padre vengono arrestati tocca a Pio il ruolo del capofamiglia precoce che deve provvedere al sostentamento della numerosa famiglia.

Jonas Carpignano torna nei luoghi che avevano contrassegnato i suoi esordi e lo fa con la passione e la tenacia di chi conosce a fondo la materia che intende trattare, se ne lascia attrarre conservando però sempre il controllo di un film che fonde una riflessione socio antropologica al desiderio di raccontare una fase di passaggio fondamentale per il suo protagonista. Il quale è quel Pio Amato che già si era fatto notare in Mediterranea e che qui porta sulle fisicamente fragili ma attorialmente solide spalle l’intero film.

Nel suo sguardo si leggono domande esistenziali che la voce non sa esprimere così come dalla sua ritrosia e dai suoi imbarazzi emergono i segni di un’infanzia e di una preadolescenza che non hanno potuto essere tali a causa di una precoce immissione nel non facile mondo degli adulti. Che tale non lo considerano (a partire dal fratello) ma che nulla gli nascondono di una realtà quotidiana in cui il mestiere di vivere richiede la capacità di guardarsi costantemente le spalle.

Carpignano si mette al servizio di queste persone che in gran parte recitano se stesse e lo fanno con una spontaneità e veridicità che pochi nel cinema italiano sanno gestire con altrettanta maestria. La macchina da presa entra nelle loro vite senza pretendere di asservirle ai propri fini e sapendo anche mutare modalità e tempi a seconda della comunità messa in luce di volta in volta. Gli africani (che per i Rom sono tutti ‘marocchini’) hanno una vitalità non folcloristica ma quasi necessitata dal dover sopravvivere in un ambiente non amichevole che contrasta con la lucida determinazione malavitosa degli uomini della ndrangheta locale.

Osservato con uno sguardo lucido ed esterno, A Ciambra si presenta come un efficace e partecipe ritratto di un mondo che molti preferiscono non conoscere e disprezzare. Non è però possibile nascondere il dubbio che proprio a costoro, in un periodo particolarmente caldo nei confronti dell’immigrazione, offra occasione per un’ulteriore conferma dei propri assunti aprioristici e generalizzanti

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