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Scuola. Storia e Storiografia

Herodotus_Massimo_Inv124478STORIA & STORIOGRAFIA

“La conoscenza del passato è la chiave per capire il presente… Gli avvenimenti passati non possono essere separati dal presente vivo senza perdere il loro significato. Il vero punto di partenza della storia è sempre qualche situazione attuale con i suoi problemi” (J. Dewey, Democrazia e educazione).

Storiografia greco- romana

Tre grandi nomi dominano la storiografia greca: Erodoto, Tucidite e Polibio. Per gli storici greci, la storia è una disciplina che spiega e educa e in quanto tale è pragmatica. Questo fine della storia è stato variamente tenuto presente nel corso del dibattito storiografico. La storia è la conoscenza di quei particolari, la cui memoria è utile “Ad bene beatique vivendum”, per dirla con il Bossuet. La sua storia universale sarà utile “Ad usum delphini”, per educare il futuro capo di Stato

Se la storia è la disciplina che spiega, gli storici greci vanno alla ricerca delle forze naturali e umane che guidano gli avvenimenti, quanto poi al fatto che educhi, scelgono tra tutti i fatti quelli che meglio si prestano a istruire l’uomo di Stato. La loro storia è anche critica. Scrive Tucidite: “All’ascolto, la mancanza del favoloso nei fatti narrati sembrerà certo diminuirne il fascino, ma se si vuole vedere chiaro negli avvenimenti passati e in quelli che in futuro, a causa del carattere dell’uomo, presenteranno somiglianze e analogie, allora si giudicheranno utili quei fatti e questo è sufficiente”. Polibio afferma che “La caratteristica propria della storia è in primo luogo quella di narrare i fatti secondo verità”. L’affermazione di Polibio è degna di tutto rispetto, anche se dobbiamo osservare che ai greci mancavano i mezzi per applicare la critica. Non possedevano dizionari, repertori, archivi, biblioteche e attrezzature, tutti strumenti che arriveranno con l’età ellenistica. Nei due storici greci: Erodoto e Polibio, si assiste per la prima volta a un tentativo di astrarre dai fatti storici narrati, per orientarsi verso un significato di universalità che quei fatti contengono. Nasce proprio con loro la Filosofia della Storia. Erodoto vede nelle guerre persiane un gigantesco scontro tra la civiltà greca che poggia su principi di libertà e di democrazia, anche se non del tutto compiute secondo il nostro giudizio, e le monarchie assolutiste dell’oriente che soffocano le libertà individuali e civili. La vittoria della Grecia consacra la “presunta” superiorità dell’Europa sull’Asia e l’inizio del cammino dell’idea di Europa, tesi fatta propria da Federico Chabod. Per Polibio “Le società umane assomigliano agli individui: nascono per una giovinezza, una maturità ed infine provano la vecchiaia, sopravviene la decadenza e le società muoiono per far posto ad altre. La società, quale Roma l’ha modellata, per Polibio, non conoscerà una decadenza né una morte perché è l’ultimo stadio di sviluppo a cui è giunto l’uomo attraverso una lunga catena di cicli”.

Storici pragmatisti erano gli storici latini, da Cesare a Sallustio, da Tito Livio a Tacito. Cesare è un memorialista e ci imbarazzerebbe affermare che il suo “De Bello Gallico” dica sempre la verità. Tito Livio, che vive durante l’età di Agusto, è un ammiratore della leggendaria storia di Roma Repubblicana, che rievoca, offrendola come modello ai suoi contemporanei nei costumi primitivi dei loro antenati. Agusto con il rinnovamento di Roma si prefiggeva di restaurare questo modello.  Gli Stoici, vissuti in un periodo di crisi, più di Polibio, si augurano e credono che lo spirito umano possa raggiungere un’unità e lo Stato sia fondato sul diritto naturale: l’etica della ragione universale, le regole che l’intelletto giudica dovrebbero presiedere alla vita degli esseri umani nella società. Questo diritto naturale è difficile da realizzare per colpa dell’egoismo, della violenza, dello spirito di dominio. Gli Stoici ripiegano allora sul diritto naturale relativo: quello che le circostanze e lo stato di civiltà, a cui l’uomo è giunto, permettono di realizzare in un determinato periodo storico.

 

Storiografia cristiano – medievale

Il Cristianesimo riprende l’idea propria degli Stoici di un diritto naturale relativo, l’unico possibile a causa del peccato originale che ha contrapposto la “Civitas Terrae” alla “Civitas Dei”. Cristo è sceso sulla terra per ristabilire la “Civitas Dei” che raccoglie gli eletti di Dio. La Chiesa ha la missione di assicurarne  il trionfo sulla Città terrestre. Tra le due civiltà, la lotta proseguirà fino al giorno in cui l’azione del diavolo avrà suscitato l’Anticristo. Dopo la sconfitta di costui, verranno il giudizio universale e il regno incontrastato della città divina. Il Cristianesimo ha rivestito queste idee con la storia del popolo ebraico. Il “Deus absconditus”, il Dio nascosto diviene rivelato in Cristo nel Nuovo Testamento. Prima con Eusebio di Cesarea, poi con Sant’Agostino ha legato i fatti della Bibbia e gli avvenimenti della storia dei non credenti. Nel “De Civitate Dei”, i fatti storici sono raggruppati da Sant’Agostino in diverse ere che iniziano da Adamo, continuano con Noè, Abramo, David, la cattività babilonese, sino a Cristo. La sesta età che comincia con Cristo durerà fino alla fine dei secoli. C’è in Sant’Agostino un profondo sentimento di fiducia nella durata dell’impero romano. Cronisti e annalisti del Medioevo sono quasi tutti gli storici che non raggiunsero mai ampie visuali della storia come Sant’Agostino. Sono inferiori ai grandi storici dell’antichità, per la composizione e la forma delle loro opere, anche se c’è da dire che conoscevano male la civiltà antica per le condizioni materiali della civiltà medievale.

Storiografia umanistica

Gli uomini dell’Umanesimo vedevano nel Medioevo come un’età di mezzo che si frapponeva tra loro e l’età classica. Ogni età è sempre un’età di mezzo tra ciò che viene prima e quello che viene dopo. I limiti dell’Umanesimo, secondo la definizione tradizionale che viene data del Medioevo, vanno ricercati nel fatto che il Medioevo rappresenti uno “hiatus”, un vuoto, una sospensione di ciò che c’era prima. E’ anche vero poi che nel Medioevo si erano raggiunte forme letterarie già dotte, come nel “Roman de la Rose”. Le classi popolari avevano la possibilità di accedere ai misteri della fede attraverso le sacre rappresentazioni che venivano date sui sagrati delle chiese o avvicinando l’epica delle “Chansons de Geste”. Il Cinquecento ha saputo creare invece una letteratura esclusivamente aristocratica, adatta solo alle classi colte. Una definizione più vasta dell’Umanesimo prima e del  Rinascimento poi, anche se questa seconda stagione artistico letteraria interessa più l’Italia che gli altri paesi europei, è da ricercare in quel rinnovato slancio di curiosità intellettuale, incoraggiata dal rinnovato contatto con l’antichità greca e latina. Il Rinascimento è stato anche il frutto di una quantità di altri aspetti: le scoperte geografiche, l’espansione economica e militare, i nuovi rapporti di forza tra gli Stati europei dopo le guerre d’Italia, la nascita delle Scienze della natura, la Riforma, la nascita della Filologia, dell’erudizione hanno favorito enormemente gli studi storici. Il più stretto contatto con gli storici dell’antichità riconduceva la storia alle forme praticate dai grandi maestri del passato: Polibio, Tucidite, Tito Livio e la storia diventava pragmatica. Tutti gli Stati, in Italia anche quelli Regionali, vollero i propri storici per un motivo pragmatico: la formazione degli uomini di Stato e per un motivo di propaganda. Tornava utile al principe che la sua potenza fosse conosciuta e fosse esibita ai sudditi e all’estero. La Riforma favorì il Rinascimento e non è errato sostenere che essa è alle origini del mondo moderno, anche se questo non era nelle intenzioni dei suoi promotori. Gli umanisti italiani: Petrarca e Boccaccio non sono storici. Per loro la storia è come un grande emporio nel quale trovare argomenti da sviluppare letterariamente o ispirazioni per riflessioni che premevano al moralista. Con loro si va profilando una prima secolarizzazione della storia. Le caratteristiche della storiografia di autori come Leonardo Bruni, Poggio Bracciolini, Lorenzo Valla sono la secolarizzazione della storia e la critica storica. Con Machiavelli e Guicciardini la storia diventa pragmatica. Serve ad educare il futuro Principe. Soggiogati gli italiani al dominio straniero, ci si chiedeva che cosa aveva impedito agli italiani di resistere: le loro divisioni, la loro debolezza militare, le pretese temporalistiche del Papato. Ci si pone il problema di chi potrebbe essere la guida di una unità nazionale. Per Guicciardini non vi sono motivi idealistici nell’agire umano, ma solo l’intrigo, il calcolo ed il tornaconto personale. In Francia ed in Inghilterra, la storiografia umanistica è quasi opera di umanisti italiani, mentre in Germania, gli storici sono quasi tutti estremamente polemici verso l’Italia come il paese del Papa. La storiografia umanistica cessa del tutto nel XVIII secolo, anche per il concomitante affermarsi delle discipline scientifiche che favoriranno la nascita della storiografia illuminista. Anche questa è pragmatica ma il destinatario della storia non è più il principe ma la borghesia e le sue vedute economiche. Se il principe le adotta,  tanto meglio, sarà un principe illuminato e governerà un po’ meglio non più nel suo egoistico interesse ma in quello della comunità ed in primo luogo della borghesia. Il compito consiste quindi nello scrivere la storia della civiltà e non quella dei re e per la storia della civiltà s’intende la storia dell’economia, della ricchezza, dello sviluppo intellettuale, della vita sociale nella sua forma civilizzata. Quella razionalista, come si può anche definire la storiografia illuminista, è una storia di uomini di “esprit” per uomini di “esprit”.

Raimondo Giustozzi

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