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Scuola. Origini e sviluppo della Cooperazione Educativa in Italia Dalla CTS al MCE (1951- 1958)

Aldo Pettini

 

Aldo Pettini, pedagogista, maestro di scuola elementare prima e direttore didattico poi, cofondatore della CTS (Cooperativa Tipografica a scuola), ripercorre in duecento ventotto pagine le vicende storiche attraverso le quali un piccolissimo gruppo di insegnanti democratici scelse di dar vita in Italia alla Cooperazione Educativa nella scuola, via già tracciata in Francia da Célestine Freinet. Del maestro transalpino, il gruppo italiano “di fede democratica, senza alcuna matrice ideologica privilegiata”, sceglie le tecniche d’insegnamento suggerite dal pedagogista francese, marxista e materialista. Siamo nell’immediato secondo dopoguerra che aveva portato nel Bel Paese distruzioni inenarrabili. C’era da ricostruire tutto. Anche la Scuola versava in condizioni drammatiche. Non c’erano programmi che rispecchiassero il nuovo clima politico e istituzionale. Carletto Washburne, arrivato in Italia con l’esercito americano, per il periodo in cui egli fu a capo della Commissione alleata di controllo, cercò in qualche modo di portare nel vuoto pedagogico che si era venuto a creare, il pensiero di J. Dewey e il suo attivismo pedagogico. Nel 1945 furono varati i programmi e presentati i nuovi libri di testo, ma “nella sostanza la scuola italiana era rimasta fascista per quanto riguarda gli abiti di fondo, che anche le norme giuridiche più avanzate non riuscivano a modificare”. Il vuoto lasciato dal Fascismo fu riempito dai cattolici che, forti della presenza della Chiesa e della Democrazia Cristiana riuscirono ad organizzarsi al meglio. Nacquero in breve tempo l’Associazione Italiana Maestri Cattolici (AIMC), l’Unione Cattolica Italiana Insegnanti Medi (UCIIM) e il movimento circoli della Didattica (MCD). “Fondamento e coronamento dell’Istruzione era la Religione Cattolica”, formula presente nel Concordato del 1929 e inserita nel 1955 nei nuovi programmi Ermini per la Scuola Elementare. Il sacerdote, in aggiunta all’insegnamento della Religione, impartito dai maestri, effettuava nelle classi terza, quarta e quinta elementare venti ore suppletive di mezz’ora. Anche questo particolare era di origine fascista. Il principio di autorità, considerato dai cattolici come valore assoluto, non rompeva per nulla con il fascismo, anzi ne era quasi la prosecuzione, anche se i contenuti erano diversi. Tutto questo mal si conciliava con la nuova carta costituzionale che parlava di democrazia e di libertà. “I partiti di sinistra: Partito Comunista Italiano, Partito d’Azione e Partito Socialista Italiano (PCI, PdA, PSI) “stentavano a uscire dagli schemi esclusivamente politici del dibattito scuola pubblica- scuola privata per affrontare un discorso educativo più ampio” (Aldo Pettini, Origini e Sviluppo della Cooperazione Educativa in Italia, pag. 13,Emme Edizioni, Milano 1980).

Esistevano per fortuna alcune poche istituzioni che praticavano un insegnamento centrato sui bisogni del bambino. Era dall’alunno che bisognava partire e non dai programmi. Era il credo pedagogico dei primi maestri e insegnanti della secondaria che, riuniti in una sorta di cenacolo, darà vita nell’autunno del 1951 alla Cooperativa Tipografica a Scuola (CTS) dalla quale nascerà nel 1957 il Movimento di Cooperazione Educativa (MCE) tuttora presente e attivo nel panorama scolastico italiano. Tra queste istituzioni scolastiche che i membri della CTS frequentarono con una certa assiduità anche per operare confronti con quanto era in via di attuazione e con quanto sognavano di realizzare, c’era la “Scuola viva” di Roma, dove Carmela Mungo realizzava le indicazioni didattico- pedagogiche di Lombardo Radice. A Firenze, per iniziativa di Ernesto e Anna Maria Codignola fu istituita nel gennaio del 1945, appena la città fu liberata, la “Scuola Città Pestalozzi”. Fu la prima scuola statale a tempo pieno, che accoglieva i ragazzi dai sei ai quattordici anni, che mise subito in questione il voto e i libri di testo.  A Rimini, appena terminata la guerra, il “Dono svizzero” aveva aperto il “Centro Educativo Italo- Svizzero” (CEIS), scuola non statale a carattere popolare affidata a Margherita Zoebli, originaria di Zurigo. Tra il 1949 e il 1950 furono costituite le tre delegazioni (Roma, Milano, Firenze) dei “Centri di esercitazione nei metodi dell’educazione attiva” (CEMEA), traduzione italiana di un’iniziativa francese laica nata nel 1937. Giuseppe Tamagnini scrive a Célestine Freinet, instaurando con lui un rapporto immediato. Pettini ed altri della CTS partecipano ad incontri promossi dal CEIS e dalla CEMEA. “La Cooperativa della Tipografia a Scuola” veniva fondata il 4 novembre del 1951 a Fano. La sede provvisoria restava presso l’abitazione della maestra Anna Fantini, viale Gramsci n° 42 e a tale indirizzo venivano inviate tutte le comunicazioni. Nasceva intanto il bollettino dell’Associazione nel quale Giuseppe Tamagnini, presidente della Cooperativa, precisava e diffondeva il lavoro degli insegnanti che si riconoscevano nel progetto: “Noi ci ispiriamo nel nostro lavoro a un’esperienza in atto le cui realizzazioni hanno un indiscusso valore pedagogico: le tecniche Freinet; e, pur riservandoci la più ampia libertà di azione e non volendo nel modo più assoluto imitare pedissequamente nessuno, sentiamo la necessità, la convenienza, l’utilità di affiancarsi a quella seria e poderosa organizzazione internazionale, unica nel suo genere, che è l’Insitut coopératif de l’école moderne… meta comune è quella di preparare il bambino al difficile mestiere di essere uomo” (Ibidem, pag. 21). Nella circolare del 7 novembre del 1951, pochi giorni dopo la costituzione della CTS, Tamagnini scriveva sul fine della cooperazione: “L’impegno per ogni aderente è quello di mettere in comune le proprie esperienze e di tenersi in contatto con l’organizzazione traducendo in sempre nuove iniziative gli stimoli delle esperienze collettiva” (pag. 22). Sull’accusa rivolta all’Associazione di voler solo privilegiare la tecnica a scapito della teoria, lo stesso Tamagnini scriveva: “Moi ci definiamo dei tecnici della scuola della scuola, o meglio dei tecnici dell’attivismo pedagogico ma rifiutiamo come offensiva la qualifica di empirici… volgiamo tutta la nostra opera alla ricerca di quei mezzi pratici, concreti, che permettano o facilitino il trasferimento di quei principi dalla stratosfera della teoria al terreno concreto della scuola, di ogni scuola, naturalmente, e non di privilegiati vivai da esperimento” (pag. 23). Con soddisfazione, il gruppo d’insegnanti che si riuniva attorno a Giuseppe Tamagnini, scopriva nei mesi successivi alla costituzione della CTS, che esistevano altri gruppi attivi a Fano, Rimini, Venezia, Roma, Firenze, Rieti, Follonica, Signa, Mondolfo. La Cooperativa, iscrittasi alla Lega nazionale delle cooperative, iniziava a costruire a sue spese prima, appoggiandosi poi ad una scuola professionale di Firenze, il materiale didattico. Questi erano i prezzi, con pagamenti dilazionati: tipografia completa £ 21.000, limografo grande £ 4.000, piccolo £ 3.000. Le esperienze CTS escono all’esterno e trovano ospitalità presso la rivista di Codignola, “Scuola e Città”, diventata poi “Educazione democratica” e nel giugno del 1953 “La Riforma della scuola”, rivista tuttora esistente (pag. 26).

Si arriva così al primo congresso della CTS che si tenne a Rimini dal 29 al 30 giugno del 1952, presso il CEIS, grazie all’accoglienza offerta da Margherita Zoebeli e dalle sue collaboratici.  Nella sua relazione, Tamagnini, parlando a nome di tutti gli iscritti al congresso, ben sessantadue in così poco tempo, precisava: “Noi non consideriamo le tecniche, nessuna tecnica come tale, in grado di risolvere in sé tutti i problemi educativi, ma le vediamo come utili strumenti per facilitare il raggiungimento di particolari finalità educative” (pag. 32). Tra le esigenze del momento, Tamagnini indicava: “Esigenza dell’insegnamento individualizzato, la cosiddetta scuola su misura, che deriva dalla considerazione psicologica che ogni alunno è una individualità assolutamente irriducibile ad un comune denominatore… L’individualizzazione dell’insegnamento non deve portare ad un lavoro individualistico ma ad un lavoro appunto coordinato in modo che ognuno possa portare il proprio contributo al lavoro comune… Ogni insegnamento deve partire da un’esperienza diretta e concreta del bambino e meglio ancora se da un interesse in atto. Ciò significa che dobbiamo accogliere nella scuola il mondo del bambino; dobbiamo accogliere il mondo di ciascuno dei nostri alunni… Questo non significa che dobbiamo restare nei limiti di quel mondo: significa solo che dobbiamo partire da esso per favorire e determinare il suo chiarirsi e il suo svolgersi graduale e armonico, in orizzonti sempre più vasti e in motivi sempre più ricchi” (pag. 32- 33).  Alla conclusione dei lavori, Freinet, invitato al congresso saluto i presenti, dicendo tra le altre cose: “Noi vi offriamo tutto senza secondi fini. Se fossimo stati dei commercianti avremmo tenuto tutto per noi, come fece la Montessori, la quale ebbe sì il merito di aver saputo passare nella pratica le teorie pedagogiche, ma ebbe il torto di far brevettare il suo materiale e di monopolizzarlo” (pag. 41).

Proseguendo nella storia della CTS, il 15 novembre 1952 veniva dato alle stampe il primo numero di “Cooperazione Educativa. Bollettino di informazioni della Cooperativa della tipografia a scuola”, periodico mensile diretto da Giuseppe Tamagnini, con direzione e amministrazione a Pisa dove risiedeva Nora Giacobini, stampato a Pescara sotto le attente cure di Raffaele Laporta. Sembra assurdo ma accadeva anche questo. A Pescara, dove si stampava il bollettino, un maresciallo dei carabinieri si legò tanto a Laporta, allora redattore, da essergli continuamente accanto. Il tipografo fu diffidato dai carabinieri e si rese necessario cambiare due tipografie per sfuggire alle maglie della censura (pag. 92-93). Le Istituzioni e le forze clericali “dall’alto della loro forte preponderanza numerica, impiegarono tutti gli strumenti disponibili: organi ammnistrativi, polizia, parrocchie. Frequenti erano le visite dei carabinieri ai vicini di casa per raccogliere informazioni sull’insegnante tale; talvolta si arrivò addirittura ai colloqui in caserma” (pag. 92). Ma con buona pace di quanti vedevano ovunque il “culturame”, per dirla con Scelba, il Movimento cresceva ed arrivava al secondo congresso della CTS, che si tenne a Pisa dal 27 al 29 luglio 1953. I lavori del Congresso si svilupparono nelle quattro commissioni.

Il terzo Congresso (dal 1 al 4 novembre 1954) si tenne a Signa (14 Km. da Firenze), presso il villaggio scolastico artigiano, nato nell’immediato dopoguerra per l’iniziativa del maestro Fantozzi, che tornato dalla guerra aveva inteso contribuire in maniera originale, con libera iniziativa, alla formazione dei giovani nelle attività artigiane vive nella zona (ceramica e paglia, ma anche meccanica e altro). La produzione di complessini tipografici e dei limografi, che gravava su Fano, venne affidata alla scuola artigianale di Signa. Le adesioni al Congresso arrivarono numerose (122), quasi doppie rispetto alle previsioni. Un tema di fondo che attraversò tutto il Congresso fu quello del perché fare, che nei primi momenti esisteva in maniera sottesa. Era arrivato però il tempo di chiarire molte cose: “Noi della tradizione accettiamo i valori vivi ma rigettiamo tutte le morte scorie, noi vogliamo adeguare l’opera nostra alle reali esigenze dell’educazione del nostro tempo, dobbiamo operare in modo nuovo e diverso dagli altri… L’intento primario è insomma la formazione e l’aggiornamento degli insegnanti mediante la nostra organizzazione cooperativa… I vari tipi di scuola non possono rimanere estranei l’uno all’altro e impostare il proprio compito nell’ambito chiuso del proprio ciclo ignorando la vita del fanciullo e l’opera della scuola a quel momento, e disinteressandosi di ciò che seguirà” (pag. 79- 80). Il movimento anticipava ciò che verrà chiesto agli insegnanti circa cinquant’anni dopo. Il Congresso dibatteva ampiamente sui problemi connessi al calcolo vivente, ai piani di lavoro, alla scheda psico- pedagogica per la conoscenza del bambino. Straordinario Tamagnini e compagni. Hanno precorso i tempi. Cinquant’anni dopo non si parla più di Cooperazione Educativa. Nelle scuole regna il più bieco individualismo, checché se ne dica. Si assiste impotenti alla bulimia delle certificazioni: BES (Bisogni Educativi Speciali), DSA (Disturbi specifici d’apprendimento). Però c’è il POF (Piano dell’Offerta Formativa, diventato il PDOF (Piano Didattico Offerta Formativa) che copre tutto. Occorre che tutto cambi, perché tutto rimanga come prima. Scrive una mamma a Giovanna Legatti nel libro “La Strada verso Coldigioco”. Da mamma mi sono trovata a sbattere contro insegnanti che non si rendevano conto di avere sotto di loro, anzi accanto a loro, non solo materiali per riempire un portfolio, il POF e quant’altro… ma esseri umani. Futuri uomini e donne, capaci di cambiare il mondo…”.

Il Congresso di Signa aveva evidenziato la necessità della formazione di abiti democratici, di cui si avvertiva fortemente il bisogno, negli adulti più che nei bambini. Gli iscritti al movimento erano sempre fortemente penalizzati. Ad alcuni di loro che eseguivano lavori di elevata qualità venivano abbassate le qualifiche, il voto dato all’insegnante da parte dell’autorità scolastica. Non mancavano mai le piccinerie e le calunnie lanciate in anni in cui appartenere a un sindacato diverso dal SINASCEL o a un partito di sinistra era una colpa gravissima. Parole sussurrate all’orecchio: Non mandi il bambini dal maestro tale. E’ comunista. Lascia i ragazzi liberi. Non insegna la grammatica. Il solo nome di Freinet costituiva una provocazione. I simpatizzanti e quanti lavoravano nella CTS venivano ironicamente chiamati “Freinetici”, perché frenetici, non stavano mai fermi, si aggiornavano, mettevano in comune traguardi raggiunti, si stimavano, erano amici. Scriveva Raffaelle Laporta in un fondo pubblicato sulla rivista “Cooperazione Educativa”: “Ora, per ciò che riguarda gli altri, a me pare anzitutto che rapporti di collaborazione, incontri, aperture, si possono stabilire proficuamente, ovunque l’azione educativa sia intesa come impegno morale e non semplicemente come esercizio professionale” (Pettini, pag. 104). Nei più dominavano il conformismo, l’arte d’arrangiarsi, lo scetticismo, la furberia, l’assenza di attitudini al servizio sociale (pag.105). Non è cambiato nulla, dopo cinquant’anni. Raffaelle Laporta era troppo buono quando scriveva che alcuni insegnanti svolgono il proprio lavoro semplicemente come esercizio professionale. Magari fosse, ma non lo è per niente e in tanti casi. Intanto il numero dei gruppi territoriali del Movimento si allargava a Torino, Asti, Aosta, Milano, Firenze, Pisa, Arezzo, Udine, Genova, Imperia, Ferrara, Bologna, Fano, Pescara, tanto che nella primavera del ’55, prima del Congresso di San Marino, si organizzò un convegno della CTS a Mazzè Canavese. Il convegno era stato organizzato da un ispettore scolastico, da due direttori didattici e da alcuni insegnanti locali. Al Convegno parteciparono Laporta, Pettini, Tamagnini. Il gruppo stava uscendo dalla fase semi conventuale. Il Congresso di San Marino era intanto preparato sulla rivista “Cooperazione Educativa” con articoli di fondo di Laporta, Aurelio Pace e Tamagnini (Pettini, pag. 100- 112).

Il quarto Congresso si tenne a San Marino dal 1 al 4 novembre 1955. La Repubblica del Titano aveva messo a disposizione, quale sede dei lavori, l’intero Kursaal. I congressisti, provenienti da tutta Italia, sfiorarono le trecento unità. La relazione generale venne svolta da Giuseppe Tamagnini che propone di trasformare la Cooperazione Tipografica a scuola nel Movimento di Cooperazione Educativa: “Se il concetto di libertà da noi assunto a principio ed insegna non basta ad attribuirci un’etichetta- cosa di cui non abbiamo affatto bisogno- è tuttavia sufficiente definire la nostra organizzazione come movimento e la CTS diventa Movimento di Cooperazione Educativa”. Pettini, preannunciando i lavori delle undici commissioni, proponeva di esaminare quanto fatto in materia di calcolo vivente, piani di lavoro, scheda psicologica, scheda di lavoro, tests di profitto, inoltre di rivedere criticamente lo schedario, le attività espressive, la corrispondenza nella scuola secondaria, il tirocinio negli istituti magistrali” (Pettini, pag. 117). Dopo il Congresso di San Marino, definito un grande congresso più che un congresso grosso per l’alto numero di partecipanti, prese il via le vacanze MCE nella Casa del Movimento a Frontale, frazione di Apiro, in provincia di Macerata. La proposta venne lanciata da Giuseppe Tamagnini che provvide a sue spese a trasformare una sua casa per accogliere, in turni di quindici giorni, sei o sette gruppi per un totale di sessanta. Settanta colleghi. I soggiorni a Frontale durarono fino al 1964. Furono avvenimenti di notevole importanza perché permisero a molti membri del MCE di conoscersi in un clima più disteso che ai congressi e ai convegni, perché si mettevano a fuoco le esperienze, si elaboravano i progetti (notevole fu l’impegno di Bruno Ciari) che venivano poi sottoposti ai convegni nazionale e pubblicati regolarmente sulla rivista “Cooperazione Educativa”. Importante fu il convegno MCE che si tenne a Firenze il 22 aprile 1956, i cui atti vennero riportati nel numero 8 della rivista “Cooperazione Educativa”. Ormai il movimento aveva preso il largo. Si intrecciava con altre esperienze educative in atto ed entravano a farvi parte nuove personalità: Aldo Visalberghi, Maria Corda Costa, De Bartolomeis, Lidia Tornatore.

Si arrivava così al quinto congresso, tenuto a Fano dal 1 al 4 novembre 1956. Al Congresso intervennero altre agenzie educative: NEF (Borghi), FINISM (Coèn), CEMEA (Albertoni), SNASE (Cianfarini). Il Congresso ebbe un respiro anche internazionale, per la presenza di Lucienne Balesse, antica “Freinettiana”, per la cooperativa belga, Richard Delchet, dell’Università di Lione, Jean Giraud, ispettore dell’insegnamento tecnico in Francia, George Salesse, dell’Insitut pédagogique national di Parigi. Freinet, impossibilitato a partecipare, aveva inviato un messaggio. Dopo questo congresso si arrivò allo scioglimento della CTS trasformata in MCE. Il Movimento si allargava e si distribuiva su tutto il territorio nazionale. Il sesto congresso si teneva sempre a Fano dal 1 al 3 novembre 1957. Sempre a fano si teneva al 1957 il sesto congresso del MCE. La rivista “Cooperazione Educativa” cessava di essere un bollettino e si trasformava in mensile e la stampa veniva affidata alla “Nuova Italia” di Firenze. Il libro di Aldo Pettini è prezioso perché riporta in appendice tre allegati, uno sulla costituzione della CTS e gli altri due sulla trasformazione della stessa in Movimento di Cooperazione Educativa (MCE).

 

Raimondo Giustozzi

 

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