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Cultura. Morto lo storico Rosario Villari

Fonte Internet

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di ANTONIO CARIOTI – Corriere.it

Studioso marxista, specialista del Regno di Napoli e della rivolta di Masaniello, era noto per il suo libro di testo innovativo, edito da Laterza che venne contestato dalla destra

Al grande pubblico era noto soprattutto per i suoi manuali scolastici in uso nelle secondarie superiori, ma lo storico Rosario Villari, scomparso all’età di 92 anni, aveva dato il meglio del suo impegno scientifico negli studi sulle vicende del Regno di Napoli e sulla cultura politica del Seicento, che gli avevano consentito di affermarsi come un autore di respiro internazionale, visiting professor a Oxford e Princeton. Al lavoro di ricerca aveva per lungo tempo sommato l’attività politica, che lo aveva visto in prima linea nelle battaglie meridionaliste della sinistra, membro del Comitato centrale del Partito comunista, deputato dal 1976 al 1979 e direttore per diversi anni di «Studi Storici», rivista dell’Istituto Gramsci.

Nato a Bagnara Calabra (Reggio Calabria) il 12 luglio 1925, Villari aveva esordito ventenne sul «Politecnico» di Elio Vittorini, con una poesia e tre racconti. Ma poi i suoi interessi si erano indirizzati decisamente verso la politica e la storiografia. Negli anni Cinquanta era divenuto redattore di «Cronache meridionali», rivista di area comunista, e aveva pubblicato i primi saggi sul mondo rurale nel Regno di Napoli, poi confluiti nel volume Mezzogiorno e contadini nell’età moderna, uscito da Laterza nel 1961.

villari

Nello stesso anno e per lo stesso editore aveva curato l’antologia Il Sud nella storia d’Italia(poi aggiornata nel 1978), in cui denunciava i limiti delle visioni vittimiste e recriminatorie (recentemente tornate di moda, spesso in chiave neoborbonica) della questione meridionale, un problema nazionale che riteneva strettamente collegato alle scelte di fondo dei governanti postrisorgimentali e quindi «insolubile nel quadro della costruzione liberale dello Stato». Solo i partiti di massa, a suo avviso, avevano le carte in regola per cambiare profondamente il modello di sviluppo e avviare il superamento del divario tra Nord e Sud.

La stessa impostazione culturale marxista, molto attenta allo sviluppo delle strutture socio-economiche, caratterizzava il suo manuale scolastico in tre volumi, pubblicato da Laterza alla fine degli anni Sessanta. Un testo che ebbe un grande successo presso gli insegnanti, con tre edizioni e circa due milioni di copie vendute, anche perché era senza dubbio assai innovativo rispetto a quelli in uso fino allora nei licei, che trascuravano la dimensione sociale degli eventi. Inevitabilmente Villari finì poi sotto accusa parecchi anni dopo in occasione della polemica, a volte un po’ sguaiata, intrapresa da alcuni esponenti del centrodestra contro l’egemonia intellettuale progressista, vera o presunta, nella scuola italiana.

Accademico dei Lincei, docente di Storia moderna negli atenei di Messina, poi di Firenze e infine alla Sapienza di Roma, dal 1959 Villari aveva avviato una serie di complesse ricerche d’archivio sui rapporti tra la Spagna e l’Italia meridionale, sfociate nel volume La rivolta antispagnola a Napoli. Le origini (1585-1647), pubblicato da Laterza nel 1967. Molti anni dopo, nel 2012, ai sei capitoli di quel saggio ne aveva aggiunti altri dodici per raccontare in presa diretta il moto guidato da Masaniello e Giulio Genoino (luglio 1647), più la successiva parabola dell’effimera Repubblica napoletana capitanata da Gennaro Annese e abbattuta dagli spagnoli nell’aprile 1648.

Ne era scaturito il libro Un sogno di libertà (Mondadori): oltre settecento pagine in cui Villari seguiva quella vicenda passo per passo, con grande passione e altrettanta vivacità narrativa, soffermandosi sui più importanti protagonisti di allora, dal conte duca Olivares, primo ministro a Madrid per oltre vent’anni, al filosofo calabrese Tommaso Campanella, autore del famoso testo d’ispirazione utopisticaLa città del Sole. L’opera di Villari era indirizzata a dimostrare, con l’ausilio di una ricchissima documentazione, che l’insurrezione (anzi lui parlava di «rivoluzione») napoletana non era stata una selvaggia esplosione di ribellismo inconcludente, bensì di «un movimento composito e multiforme che coinvolse popolazioni e singole personalità, uomini e donne», e soprattutto «si collegò idealmente con le correnti di riforma dei centri più importanti dell’Europa moderna e della stessa Spagna».

La sua analisi profonda e raffinata delle relazioni tra Napoli e Madrid prima e durante la grande rivolta rifletteva i lunghi studi compiuti in precedenza sulla vita politica dell’età barocca e sulle categorie che l’avevano innervata: la ragion di Stato, la fedeltà verso il sovrano, la teoria e la pratica della dissimulazione. Argomenti che Villari, presidente della Giunta centrale per gli studi storici dal 1996 al 2000, aveva trattato con una sensibilità tutta particolare in opere d’indubbio pregio, qualiElogio della dissimulazione(Laterza, 1987), Per il re o per la patria(Laterza, 1994), e nella raccolta di saggi da lui curata L’uomo barocco (Laterza, 1991).

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