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Scuola. “Dare il meglio si sé” La pratica educativa di Anna Marcucci Fantini dalla scuola primaria all’università

Si sa che gli americani, assieme alla Coca Cola e alla chewing gum, cercarono di importare nell’Italia liberata anche l’attivismo pedagogico di John Dewey, attraverso Carleton Washburne. La stagione durò poco. Era troppa l’influenza dell’Idealismo, di Croce e di Gentile e della Chiesa. I Programmi del 1945, troppo laici e liberali, troppo modernamente americani, furono ritenuti inadeguati alla situazione italiana. Furono sostituiti nel 1945 con i nuovi Programmi Ermini, dal nome del ministro dell’Istruzione. Prescrivevano che “la formazione basilare dell’intelligenza e del carattere ha, per dettato esplicito della legge, come suo fondamento e coronamento l’insegnamento della dottrina cristiana secondo la forma ricevuta dalla tradizione cattolicaL’insegnamento religioso sia considerato come fondamento e coronamento di tutta l’opera educativa. La vita scolastica abbia quotidianamente inizio con la preghiera, che è elevazione dell’animo a Dio, seguita dall’esecuzione di un breve canto religioso o dall’ascolto di un semplice brano di musica sacra”.

Su questo impianto politico istituzionale era quasi impensabile pensare a un’educazione laica e critica, tollerante della diversità e quindi attenta al rispetto dei bisogni specifici del bambino e della sua cultura. Eppure, pur in questo clima del tutto scoraggiante, proprio nelle Marche, a Fano, in provincia di Pesaro, nacque e si sviluppò il Movimento di Cooperazione Educativa che si avvalse delle innovazioni didattiche operate in Francia da Célestin Freinet che metteva il bambino al centro dell’educazione scolastica, con i suoi bisogni specifici d’apprendimento e le sue risorse. Ci furono contatti continui con il pedagogista transalpino. Anche Anna Marcucci Fantini andò in Francia da Célestin Freinet che fu invitato a suo volta in Italia ai Congressi del Movimento di Cooperazione Educativa.

Rinaldo Rizzi, prima maestro, poi scrittore, una vita trascorsa nel Movimento di Cooperazione Educativa, come segretario nazionale del Movimento dal 1986 al 1990, ha raccolto nel numero 32 dei Quaderni del Consiglio regionale delle Marche, la storia del movimento, partendo proprio dalle origini. Il volume di 400 pagine, dal titolo “Dare di sé il meglio”, è un giusto omaggio ad Anna Marcucci Fantini, l’anima del movimento. Tutto ha origine il 4 novembre 1951, a Fano, in casa di Anna Marcucci Fantini, dove si sono dati appuntamento: Giuseppe Tamagnini, il trascinatore del gruppo, Rino Giovannetti, Marina Manzoni, Carmela Mungo, Maria Luigia Bigiaretti, Lidia Biagini, Anna Arlotti, Enrico Uguccioni ed Aldo Pettini.

Proprio in quell’occasione, il gruppo dà vita allo Statuto della Cooperativa della Tipografia a Scuola (CTS), il primo nome del Movimento di Cooperazione Educativa (MCE) e indica la sua sede a Fano in viale Gramsci n. 42 dove è l’abitazione di Anna Marcucci Fantini. Al gruppo si uniranno ben presto altri grandi maestri, docenti e formatori che hanno fatto della cooperazione educativa il principio e il fine della loro professione: Raffaele Laporta, Mario Lodi, Visalberghi, Albino Bernardini, Bruno Ciari. Nascono i Congressi del Movimento su scala nazionale, quello di Pisa del 1953 fino ad arrivare a quello di Fano del 1991 per festeggiare il quarantesimo anniversario del Movimento di cooperazione Educativa. D’estate, le occasioni d’incontro tra tutti era la Casa MCE di Frontale ad Apiro, in provincia di Macerata, la casa natale di Giuseppe Tamagnini.

Il titolo dato al libro “Dare di sé il meglio” è preso da uno scritto di Anna Marcucci Fantini: “I bambini vanno inseriti in una atmosfera vivente, che renda possibile a ciascuno esprimere il meglio di sé ed in cui tutti lavorino insieme e ciascuno lavori in funzione degli altri; solo così la classe diventa la piccola società che educa alla grande società. Nella scuola del banco e del silenzio il bambino non ascolta più, quella non è una scuola dove dicono come fare per pensare e per esprimersi”. Eppure aveva iniziato la propria carriera d’insegnante come tutti gli altri. I bambini erano semplici alunni. Capì subito che questo non era valido quando accompagnò il figlio in prima elementare e guarda caso anche lei in quell’anno insegnava in una classe prima. Scrive infatti: “Era la vivacità in persona e capii l’assurdità che per lui, e per gli altri bambini, rappresentava quel banco, che lo immobilizzava e lo zittiva per quattro ore. La sua vitalità non serviva alla scuola, egli non aveva modo di essere protagonista del suo apprendimento” (Rinaldo Rizzi, Dare di sé il meglio, pag. 122, Centro Pedagogico MCE, Ronchi dei Legionari, Gorizia, 2001).

Anna Marcucci nasce a Fano il 28 aprile del 1908, perde la mamma a quindici anni. Rimasta sola col padre, appena superati a sedici anni gli esami di quinta ginnasiale, deve abbandonare gli studi per dedicarsi alla casa, “In quanto suo padre riteneva disdicevole studiare e invece molto più adatto ad una signorina di buona famiglia saper cucinare, ricamare e suonare il pianoforte”, ma pur relegata tra quattro pareti domestiche, Anna continua a studiare, aiutata da una sua cara amica e all’insaputa del padre, affronta da privatista e supera l’esame di licenza magistrale. A diciotto anni diviene orfana anche del padre. Vince il concorso magistrale e incomincia giovanissima la carriera di maestra prima a Barbara, un piccolo centro dell’entroterra marchigiano, quasi a trenta chilometri da Senigallia, poi in un paesino nei pressi di Fano.

Si sposa a trent’anni con un professore che insegna al liceo di Fano, dal matrimonio nasce nel febbraio del 1940 l’unico figlio Alberto. Nel gennaio del 1945 rimane vedova. Riprende gli studi universitari che aveva interrotti col matrimonio. Nel 1948 consegue la laurea in Lettere e sempre nello stesso anno ottiene il trasferimento come maestra a Fano. Il sodalizio con Giuseppe Tamagnini che insegnava Esercitazioni Didattiche all’istituto magistrale di Fano l’avvicina al pedagogista Célestin Freinet e al Movimento di Cooperazione Educativa che la vede cofondatrice con Tamagnini. Nel 1968 viene chiamata da Vittorio Telmon, professore di Pedagogia al Magistero dell’Università di Bologna, a collaborare con lui per lo svolgimento di seminari universitari.

Si era trasferita a Bologna nel 1959 per seguire da vicino gli studi del figlio e nel 1965 insegna all’Istituto Magistrale come insegnante di tirocinio. Conclude la propria carriera scolastica, come lei l’ha sempre definita, nel 1979, insegnando in una scuola media, sempre a Bologna. Da pensionata viaggia in molti paesi d’Europa, animata dalla curiosità di vedere realtà diverse, continuando in tal modo ad osservare e ad apprendere. Muore nella propria casa di Bologna il 22 marzo 1993, “Uscendo dalla vita in punta di piedi”, come ricorda il figlio, appena rientrata da una vacanza in Spagna. Il 14 dicembre del 1996 veniva intitolata ad Anna Marcucci Fantini la scuola elementare di Marotta/ Torrette, pochi giorni prima, in data 9 dicembre 1996, il Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro aveva conferito “alla memoria di Anna Marcucci Fantini il Diploma di Medaglia d’Argento ai benemeriti della scuola, della cultura e dell’arte” (Rinaldo Rizzi, ibidem, pag. 104).

Il libro di Rinaldo Rizzi è diviso in tre parti. Nella prima, intitolata “Per una Pedagogia della vita”, l’autore stesso ripercorre il credo pedagogico di Anna Marcucci Fantini che è quello del Movimento di Cooperazione Educativa. Molto bello è il capitolo dedicato alla diffusa ostilità delle istituzioni verso la sperimentazione del movimento di Cooperazione Educativa: il testo libero, la tipografia a scuola, la scrittura collettiva. Nella seconda parte, Giuseppe Tamagnini, Raffaele Laporta, Rino Giovannetti, Vittorio Telmon, Leda Poli, Gian Luigi Reali, Marco Lodi, Arturo Arcomano offrono i propri “Contributi e Testimonianze”, è il titolo della sezione, sulla personalità di Anna Marcucci Fantini. Questa seconda parte è particolarmente interessante, perché Rinaldo Rizzi cura per ogni testimonianza una scheda biografica sui testimoni che sono stati le colonne portanti del Movimento di Cooperazione Educativa. La terza parte del libro è quella più cospicua poiché raccoglie una “Antologia degli scritti” di Anna Marcucci Fantini, pubblicati sul “Bollettino – Circolare della Cooperativa Tipografica Scolastica”, sul mensile “Cooperazione Educativa”, sulla “Cooperazione pedagogica”, sul mensile “Informazioni MCE”. Chiude questa terza parte una messe di “Testi inediti” di Anna Marcucci Fantini, l’anima del Movimento di Cooperazione Educativa. Il libro è impreziosito anche da una “Appendice” di scritti tratti da giornalini scolastici promossi da Anna Marcucci Fantini nelle scuole dove aveva prestato il proprio insegnamento. Particolarmente interessanti sono le poesie, i testi liberi, le drammatizzazioni degli alunni raccolte nei diversi numeri de ”Il Gabbiano”, il giornalino scolastico.

Nel corso della mia carriera d’insegnante di Lettere nella Scuola Media ho attinto sempre a piene mani alle esperienze e agli scritti di Raffaele Laporta e di altri rappresentanti del Movimento di Cooperazione Educativa, in quanto richiamavano l’esperienza pedagogica di don Milani. Vi trovavo sempre una grande ricchezza, anche se vista spesso con grande sufficienza da alcuni colleghi. Invitavo gli alunni a scrivere testi liberi dopo la lettura di brani antologici sui diversi generi letterari. Nasceva allora la rubrica “L’officina del racconto” dove raccoglievo testi fantastici, fantascientifici, d’avventura, fiabe, favole, testi d’esperienza, lettere, autobiografie, diari, novelle. Le poesie erano raccolte nella rubrica “L’angolo della poesia”, dopo aver letto agli alunni testi poetici che avevano come tema “I desideri, i sogni, le bugie” degli adolescenti, seguendo le indicazioni di Kenneth Koch, autore del libro omonimo o la lettura di testi classici che andavano da Cecco Angiolieri, a Dante Alighieri e ad altri. Certo erano testi pre – poetici ma gli alunni erano interessati a dare libero sfogo alle proprie emozioni, suggestionati anche dalla musica dei Pink Floyd o di Vangelis che facevo ascoltare, mentre loro componevano i versi. Raccoglievo tutta la produzione nella rivista www.mestica.it , il mensile della scuola dove ho insegnato per quindici anni di seguito. Negli anni della mia permanenza nella scuola di Verano Brianza (Monza e Brianza), dove ho insegnato continuativamente per diciotto anni, ho provato anche la drammatizzazione di alcune pagine di storia e di alcune fiabe, utilizzando la tecnica delle ombre corporee. Nascevano allora le rappresentazioni dedicate a Matilde di Canossa (Storia), alle fiabe, “I sei servi” dei fratelli Grimm, al racconto “Di che cosa vivono gli uomini” di Tolstoj, ecc. Assieme all’amico Amedeo Salamina, prof. Di Ed. Tecnica, ho realizzato audiovisivi su pagine di storia locale: “I quaranta giorni di libertà” della Repubblica dell’Ossola, con l’intervista a protagonisti di questa storia lontana, “I martiri di Pessano”, eccidio perpetrato nel Vimercatese negli anni dell’occupazione nazista, diapositive con testi, immagini e musiche su “Gli anni sessanta in Italia e nel mondo raccontati a un ragazzo di terza media”. Non so quanto dello spirito del MCE era presente in quello che ho fatto, di sicuro comunque qualche alunno, ovviamente di Civitanova Marche, gli altri sono troppo lontani nello spazio e nel tempo, ne ha un bel ricordo, se me lo dice ogni volta che ho l’occasione di incontrarlo.

Ritornato nelle Marche nel settembre 1996, ho conosciuto personalmente il prof. Giuseppe Tamagnini e sua moglie Giovanna Levati nella loro casa di Senigallia, attraverso mio cognato che vive e lavora a Ripe, oggi frazione del comune di Trecastelli in provincia di Ancona. Ho avuto sempre un cruccio, quello di non essere mai andato a Frontale, frazione di Apiro, dove Giovanni Tamagnini è nato e dove c’è tuttora la Casa nella quale si tenevano i corsi estivi del Movimento di Cooperazione Educativa. La lettura del libro di Rinaldo Rizzi, “Dare di sé il meglio” mi ha spinto ad andare a Frontale per colmare questa lacuna.

 

Raimondo Giustozzi

 

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