Pubblichiamo oggi, per la rubrica Poesia , nove poesie della scrittrice portorecanatese Alessandra Gabbanelli , tratte dalla raccolta «Turdus merula».
TURDUS MERULA
Mi culla il tuo canto
spontaneo e sofisticato.
Quali abissi di saggezza
percorrono il tuo piccolo corpo?
Una spavalda alchimia di suoni
si fa architettura musicale,
geometrico mistero.
DISSOLVENZA DELLA NOTTE
Dissolvenza della notte.
Echi lievi come filati
fluttuano
insidiando fronde dormienti.
Aromi pungenti
di imminenti risvegli.
Trasmutano gli elementi
come creta
esplorata da dita sapienti.
L’ombra necessaria
arretra con pudore.
Ed è ancora aurora.
FANTASMI
Vagano seducenti
fantasmi inafferrabili.
Una mano si protende.
Deflagrazione di luce
e di indelebile polvere dorata.
METEORA
Ti trovai senza volerlo.
E senza saperlo,
come pioggia leggera,
fecondasti i miei giorni.
Sfumasti, piano,
come iride che scolora.
Svanisti, inesorabile,
come lampo che squarcia
e va a nascondersi nel blu.
PANISMO
Cullare dentro
il soffio del vento
che sollecita le membra
e le fa rabbrividire.
Abbandonarsi
al raggio del sole
che trafigge
e riscalda
e inonda di vita.
Saper ascoltare
la voce degli elementi
e comprendere
il linguaggio muto delle piante.
Immergersi
in umidi occhi animali
e naufragare
nelle emozioni e nel dolore
che li fanno vivi.
Sfiorare,
con pudore e umiltà,
le corde arcane dell’esistere
per giungere all’essenza
e, a quella melodia,
danzare lo stupore e l’estasi.
UOMO
Uomo,
intrigante e perpetuo enigma,
silente scorpione che veloce cattura,
policroma esplosione di potente bellezza,
siderale anelito d’inesplorato altrove.
Finalmente versi privi delle smielature e dei lamenti sotto la luna calante di un mucchio di gente che si alza una mattina, si guarda allo specchio e si dice: adesso faccio il poeta. O il musicista. O il pittore. Questa è una poesia serena, lineare il che è sempre segno di un’antenna intelligente volta a captare quel che ci gira intorno, ma senza la presunzione di stamparci sopra il dolore di chi si sente il mondo intero sulle spalle. C’è un passaggio di “Panismo” che mi piace assai: “Saper ascoltare / la voce degli elementi / e comprendere / il linguaggio muto delle piante”. Un grande vecchio, Victor Hugo, scrisse un giorno: “Les choses nous parlent si nous savons entendre”. E come gli succedeva spesso, aveva ragione. Complimenti.