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Sanders in marcia con i giovani per cambiare la cultura americana

Bernie Sanders

Bernie Sanders – internet

Carlo Patrignani

“C’è qualcosa di sbagliato” negli Stati Uniti se il diritto all’assistenza sanitaria non è per tutti “un diritto fondamentale” e se l’accesso “a ogni tipo di istruzione” non è garantito a tutti, indipendentemente dal reddito familiare.

Bastano queste due esemplari affermazioni, cui aggiungere la “malsana” idea di un primato dell’uomo bianco, che ci riporta alla distruzione di indiani e pellirosse e all’ostilità verso negri e ispanici, per capire che negli Usa, nel Paese più potente del mondo, sta per iniziare, probabilmente, una nuova stagione, come la protesta studentesca del ’64 a Berkeley arrivata nel ’68 in Europa.

La nuova stagione è oggi scandita da “Our Revolution” – “La nostra rivoluzione” – il libro del socialista Bernie Sanders che ha osato sfidare, a differenza di Hillary Clinton, l’establishment neoliberista, trascinandosi al suo fianco migliaia e migliaia di giovani oggi “disillusi” da quanto accaduto, ma pronti a rimettersi in marcia con lui per cambiare la cultura americana, dell’onnipotenza, mai intaccata finora.

Non c’è da sanare solo il diffuso “malessere” per le diseguaglianze economico-sociali prodotte dalle politiche neoliberiste, del laissez faire il mercato, ma c’è da permettere la realizzazione di aspirazioni umane insopprimibili: la qualità della vita, la tutela della salute, l’istruzione, la convivenza sociale.

“L’epoca neoliberista dei Blair e dei Clinton, che ha difeso gli interessi solo di una minoranza, e a cui fa tuttora riferimento Matteo Renzi, è finita nel fallimento e nel disastro, tanto che persino Pier Luigi Bersani, con ritardo, ha scoperto il ritorno di Sanders”, chiarisce lo storico e politico Gian Giacomo Migone, già docente delle Relazioni Euro-Atlantiche all’Università di Torino.

Sanders, il socialista “triste ma non sorpreso” dalla vittoria di Donald Trump, vuole ora cancellare quel “qualcosa di sbagliato” che c’è negli Usa, nella sua cultura insieme al movimento di giovani che lo ha seguito e sostenuto nella corsa alle primarie.

“È così: Sanders, con Elizabeth Warren ed altri della sinistra, insieme alla valanga di giovani che lo hanno portato a vincere le primarie in 21 stati, è fortemente impegnato a conquistare la leadership di minoranza nei due rami del Congresso e a conquistare la presidenza del comitato nazionale del partito. Non si dimentichi che i sondaggi lo davano di otto punti davanti a Trump: purtroppo il Partito Democratico ha scelto la Clinton che non ha intercettato la rabbia degli esclusi per un’ineguaglianza crescente da anni favorita da una classe dirigente, l’establishement di cui la Clinton era l’organica rappresentante”, aggiunge Migone.

Viceversa, Trump, l’alieno in odor di fascismo, ha abilmente dato voce alla “sofferenza” e alla “rabbia” di milioni e milioni di persone, i white collar (classe media) e i blue collar (gli operai), impoveriti dalle politiche neoliberiste, tradizionalmente vicini al partito democratico che Sanders vuole riformare.

“Quella indicata da Sanders è la via obbligata per uscire dalla profonda crisi economica e sociale che attanaglia gli Usa, ma anche l’Occidente e l’Italia. C’è da augurarsi che quella valanga di giovani che sono stati e stanno al suo fianco, prenda piede in Europa, come accaduto già in Inghilterra con il Momentum For Another Europe, schieratosi con il laburista Jeremy Corbyn per un Real Change o con Podemos in Spagna. E, naturalmente, anche in Italia, dove se non c’è ancora è per l’ambiguità del M5S che, se blocca l’espansione della Lega, ritarda un movimento di sinistra alla Sanders o alla Corbyn”, osserva Migone.

 

La battaglia socialista di Sanders non riguarda solo le diseguaglianze economico-sociali espresse in beni materiali, come un lavoro e un salario dignitosi, ma anche il diritto a beni immateriali, come la salute, l’istruzione, la qualità della vita e, non da ultimo, la convivenza tra culture diverse.

“Gli Usa sono un Paese multietnico e multireligioso fatto di protestanti e cattolici, di musulmani e di buddisti: solo una profonda laicità dello Stato può governare multietnicità e multireligiosità tutelando e permettendo convivenza sociale e libertà di culto. Sanders, rispetto a Trump, questo principio e valore costititutivo di una società che vuol esser democratica e coesa, lo ha ben chiaro e presente”, conclude Migone.

Insomma, dalla debacle del Partito Democratico statunitense vengono importanti, significative lezioni che, inaspettatamente per la cultura americana e dell’Occidente stesso, possono aprire un’alternativa nel segno del mite socialista Sanders al “credo” perdente di una sinistra che insegue il centro e la destra conservatrice.

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