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Partito di Renzi. Referendum, l’ago della bilancia tra Sì e No è l’elettore meridionale di Forza Italia.

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Di Claudio Paudice

L’elettore che sarà decisivo per l’esito del referendum costituzionale ha l’accento meridionale e in tasca la tessera di Forza Italia. Ed è colui che il premier Matteo Renzi sta cercando di convincere in tutti i modi a votare Sì domenica prossima. Dalla spedizione renziana guidata dal sottosegretario Luca Lotti nel sud Italia, senza disprezzare i feudi dei ras delle clientele, si intuisce quale sia la strategia del Governo per vincere la partita decisiva. La missione nel Meridione però non è affatto marginale, e lo dimostrano i dati dell’Istituto Cattaneo che l’Huffington Post ha consultato per avere un quadro esaustivo degli scenari in vista del voto.

Il presidente del Consiglio qualche giorno fa ha fornito i suoi numeri della vittoria: “Serve il 60% di affluenza e 15 milioni di voti”. L’obiettivo è ambizioso e mai è stato raggiunto nei due precedenti referendum costituzionali. Nel 2006 la partecipazione fu del 52,4%, nel 2001 addirittura del 34,1%. Ma è proprio sul terreno della partecipazione che saranno decise le sorti del referendum. “Lo schieramento che riesce a portare al voto l’elettore di centrodestra al Sud diventa il vero ago della bilancia. E’ lì che si può alzare il livello di partecipazione fino al 60%. Ma la sfida è di quelle complesse: si deve convincere quell’elettorato di Forza Italia che al sud è difficilmente mobilitabile e soprattutto ha dimostrato di essere slegato dalle indicazioni del partito”, afferma Marco Valbruzzi del Cattaneo.

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Il ricercatore ha redatto uno studio sulla differenza tra l’affluenza ai due precedenti referendum costituzionali e le corrispettive elezioni politiche. “Guardando i dati si registra un divario tra le regioni del Centro Nord e le regioni del Sud, quantificabile in circa il 6% di partecipazione in meno”. Questo scarto è dovuto, prosegue Valbruzzi, “agli elettori meridionali che alle politiche hanno votato centrodestra e che però non si sono mobilitati nel caso di referendum costituzionali. In numeri, circa il 50 per cento degli elettori di Forza Italia nelle regioni del Sud poi non è andato alle urne per le consultazioni referendarie”. Una bella fetta di elettorato che fa gola, in primis allo schieramento del Sì.

Un dato su tutti è emblematico: “A Napoli il 70% di chi aveva votato FI non è andato a votare al referendum del 2006, pur trattandosi di una riforma costituzionale voluta e approvata dal governo di centrodestra”, afferma Valbruzzi. Al di là quindi dei rispettivi elettori dei principali schieramenti del Sì (Pd) e del No (M5S) che si andranno a contare nelle urne, sarà il pendolo di Forza Italia a decretare il vincitore quanto più alta sarà la partecipazione al voto.

Analizzando il comportamento degli elettori dem e grillini si delineano scenari più prevedibili, secondo il Cattaneo. Il Movimento 5 Stelle ha dimostrato nel caso del referendum sulle trivelle di aprile di riuscire a portare alle urne, secondo l’orientamento dato dai vertici del partito, circa 3 elettori su 4: “I grillini sono stati capaci di far votare i loro ‘supporter’ in un modo uniforme rispetto all’indicazione del Movimento”. Il Cattaneo, va precisato, ha fatto riferimento alla consultazione di aprile dato che nei precedenti referendum costituzionali il M5S non era ancora nato come forza politica.

Discorso simile, ma per certi aspetti più complesso, per il Pd. “Anche i dem hanno portato al voto in media il 75% dei loro elettori ai referendum sulle modifiche alla Costituzione”, continua Valbruzzi. Un dato che conferma come l’elettore di sinistra si mobiliti in maniera pressoché analoga alle elezioni politiche quando c’è in ballo la Costituzione. C’è tuttavia un’altra considerazione da fare. “Si tratta di un partito diverso dall’Ulivo del 2006 e dai Ds nel 2001. Allora la Ditta mobilitava gran parte dei suoi aderenti. Nel caso del referendum di domenica è legittimo aspettarsi che non sarà così”.

Secondo il ricercatore del Cattaneo bisogna tener conto che una parte dell’elettorato del Partito Democratico, pur restando fedele ai dem, non gradisce poi così tanto la riforma costituzionale approvata da questo governo. “Il Partito di Renzi non riuscirà a portare tutti i suoi elettori al voto, e comunque non secondo le indicazioni del premier. Perché per la prima volta il principale movimento di centrosinistra si presenta fortemente diviso al referendum costituzionale”, prosegue Valbruzzi.

Secondo il ricercatore, al 20% del voto democratico che si disperde – come già avvenuto nelle precedenti consultazioni tra astensionismo e voto difforme – va aggiunto un altro 10% di voto contrario o comunque mancante all’appello finale. “Si può stimare un 30% circa di preferenze in meno rispetto all’elettorato di riferimento. Un terzo quindi”, conclude Valbruzzi.

Il Pd, partendo da questo deficit, dovrà quindi compensare l’ammanco di voti nel proprio bacino elettorale convincendo il più alto numero possibile di indecisi. Appurato l’identikit dell’elettore che risulterà decisivo per alzare l’asticella dell’affluenza, è chiaro anche dove saranno concentrati i maggiori sforzi negli ultimi giorni di campagna elettorale: direzione sud, con svolta a Destra.

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