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Che internet sarà sotto Trump?

Internet

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Carola Frediani

Il nuovo e per molti versi inaspettato presidente degli Stati Uniti potrebbe portare molti cambiamenti nella politica statunitense, nei suoi rapporti diplomatici e nell’economia. Ma che impatto avrà invece sulla Rete o, meglio, sulle scelte politiche in materia di internet e dintorni da parte della Casa Bianca? Che cosa vuole fare Trump quando si tratta di questioni digitali complesse e sempre più calde, dalla cybersicurezza alla crittografia, dal contrasto dell’estremismo alla libertà di espressione online? La verità è che, delle effettive intenzioni del neo-presidente su questi temi, sappiamo poco. Tuttavia, abbiamo provato a delineare quanto emerso finora, soprattutto dai suoi discorsi.

TRUMP E IL RAPPORTO CON LA TECNOLOGIA

La premessa è che Trump, diversamente da Obama, non è per nulla attratto dal mondo digitale. Nel 2007 ancora, e per sua stessa ammissione, non possedeva un computer né a casa né al lavoro. Tanto meno avrebbe usato l’email, mentre la sua segretaria gli redigeva le lettere con una macchina da scrivere. Nel 2013 la posta elettronica – 42 anni dopo l’invio del primo messaggio email – fa capolino pure nel mondo del tycoon, anche se l’avrebbe usata, sempre parole del neopresidente, “molto raramente”. Ma “Donald Trump ha mai utilizzato un computer?”, si chiedeva nel febbraio 2016 la testata tecnologica Gizmodo, senza peraltro dare una risposta esaustiva (pare che trovare foto di Trump nell’atto di usare un pc sia una specie di caccia al tesoro). Sappiamo però che usa Twitter con una certa convinzione (e prodigalità di insulti), anche se la maggior parte dei tweet nascerebbero da un processo di dettatura alla segretaria.

TRUMP E LA SILICON VALLEY

Molti nella Silicon Valley hanno stappato alcune delle bottiglie di alcol migliori, ma per dimenticare, non per festeggiare: come Stewart Butterfield, cofondatore del sito di condivisione di foto Flickr e della piattaforma di messaggistica Slack. Infatti gran parte delle aziende internet e startup del mondo digitale erano compattamente schierate a favore di Hillary Clinton. E non solo a parole. I contributi complessivi ricevuti dalla campagna democratica da parte dell’industria internet sarebbero stati 114 volte quelli inviati a Trump, secondo i dati del Center for Responsive Politics riferiti da Bloomberg.

Del resto, 140 leader dell’industria tecnologica avevano firmato una lettera aperta contro il candidato presidenziale repubblicano, definendolo un “pericolo per l’innovazione”. Perfino Mark Zuckerberg, il fondatore di Facebook, aveva contestato la visione di Trump sull’immigrazione.

Tra i pochi ad andare controcorrente in questo settore è stato Peter Thiel, il miliardario cofondatore di PayPal, che ha apertamente sostenuto Trump e ora è stato tra i primi a congratularsi.

TRUMP, IL TERRORISMO E LA RETE

Che fare di fronte al terrorismo, e al fatto che gruppi come l’Isis abbiano fatto ampio uso della Rete per diffondere propaganda e reclutare simpatizzanti se non nuove reclute? Trump, nel dicembre 2015, quando era già candidato alla presidenza, appariva molto determinato al riguardo. “Stiamo perdendo molta gente a causa di internet”, aveva dichiarato. “Dobbiamo incontrare Bill Gates e molte altre persone che capiscono quello che sta succedendo. Dobbiamo parlare con loro e magari in alcune aree chiudere internet in qualche modo. Qualcuno dirà: ‘Oh, la libertà di espressione!’ Sono solo degli stupidi”.

Ovviamente non era affatto chiaro cosa avesse in mente Trump quando diceva di chiudere parti o aree di internet. Sollecitato al riguardo giorni dopo da un giornalista della CNN, Trump avrebbe specificato che non parlava di chiudere internet. “Parlo di chiudere le parti di Internet dove sta l’Isis”. Considerato che l’Isis “sta” nelle stesse parti dove stanno gli utenti normali – anche facendo riferimento ad app specifiche usate comunque da milioni di persone – e che social media come Twitter da tempo chiudono gli account jihadisti, la precisazione di Trump resta a dir poco fumosa.

TRUMP E LA CRITTOGRAFIA

L’ultimo anno è stato segnato, anche in America, dal riemergere di discussioni sull’uso della crittografia forte da parte di aziende e privati, sempre alla luce dell’allarme terrorismo. E dallo scontro fra Fbi e Apple proprio su questo tema a partire dal telefono cifrato di uno dei due attentatori della strage di San Bernardino. L’FBI voleva che Apple scrivesse un sistema operativo apposito per aggirare i sistemi di protezione che rendevano difficile lo sblocco del telefono dell’attentatore. Difficile ma non impossibile, dato che alla fine i federali hanno trovato un’azienda che sarebbe riuscita a violare il telefono.

La Clinton, pur essendo ambigua e ambivalente, aveva una posizione sfumata, in cui si barcamenava fra privacy e sicurezza. Trump è invece andato dritto come un treno. “Sono pienamente d’accordo col giudice”, aveva detto Trump riferendosi alla ingiunzione del tribunale contro la Apple.”Dovremmo poterlo aprire in quel caso. Pensare che la Apple non ci permetta di entrare nel cellulare – chi si credono di essere?”

Ma Trump, che pure non aveva chiari evidentemente gli aspetti tecnici del caso, si era spinto fino a chiedere di boicottare Apple “finché non ci danno quel numero di sicurezza” (forse si riferiva al codice di sblocco, ma non era questa la richiesta dei federali alla Apple, ndr). Ad ogni modo, se Obama si è opposto ad alcune proposte in Congresso per obbligare i fornitori di tecnologia a mettere dei sistemi di accesso secondari (backdoor) ai loro prodotti, indebolendo di fatto la crittografia, difficilmente ci si potrà aspettare lo stesso da Trump.

TRUMP E LA SORVEGLIANZA

“Immaginate se Trump controllasse l’NSA”, aveva scritto tempo fa la rivista Wired riferendosi alla National Security Agency (NSA), l’agenzia americana di intelligence al centro degli scandali in materia di sorveglianza globale. L’immaginazione è divenuta realtà. Trump potrebbe certamente reindirizzare l’attività dell’agenzia, anche se in modo ancora imprevedibile. Di sicuro, molti osservatori del mondo tech e delle organizzazioni per i diritti civili sembrano piuttosto preoccupati. Il neopresidente potrebbe anche disfare gli ordini esecutivi di Obama, che avevano tentato timidamente di riformare l’Nsa dopo le rivelazioni di Edward Snowden.

TRUMP E LA CYBERWARFARE

Riguardo alle capacità cyber offensive degli Usa, Trump sembra invece sottostimarle, definendole “obsolete”. Un parere che contrasta con l’opinione della maggior parte degli addetti ai lavori (e con operazioni di cybersabotaggio sofisticato come Stuxnet in Iran, compiute dagli americani e israeliani). D’altro canto, c’è chi pensa che Trump potrebbe favorire un settore molto specifico: l’industria degli attacchi informatici e del malware, insofferente verso possibili tentativi di regolamentazione internazionale come quelli adombrati dall’intesa di Wassenaar, che cerca di controllare le esportazioni di armi (includendo anche alcune “armi digitali”). Canta vittoria, non a caso, un noto venditore di vulnerabilità e attacchi come Chaouki Bekrar.

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