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Trump ha perso e con lui la democrazia americana. Ha vinto Putin

Internet

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Howard Fineman

Donald Trump è un perdente, ma lo siamo anche noi. In un dibattito presidenziale di novanta minuti, amaro e tagliente, Donald Trump e Hillary Clinton si sono attaccati con una dose di brutalità degna di “Game of Thrones”, che sarebbe risultata divertente soltanto al Cremlino. È stato come se, sapendo di non poter ottenere la presidenza, Trump fosse determinato a screditare l’incarico, come qualcosa che non vale la pena conquistare.

Trump ha definito Clinton una bugiarda, una donna cattiva, una persona che non avrebbe mai dovuto “avere il permesso di correre per la presidenza”, perché è una truffatrice. Lei, dal canto suo, ha definito Trump un mentitore, un predatore sessuale, un “burattino” del presidente russo Putin e “la persona più pericolosa che si sia mai candidata a presidente nella storia moderna americana”.

Nel corso della serata, un inasprito ma indomito Trump non si è impegnato a riconoscere il risultato delle elezioni in caso di una sconfitta che si prospetta molto probabile, se non inevitabile. “Ci penserò al momento” ha affermato disinvolto, come se stesse discutendo dell’invio di una partita di cartongesso. “Vi terrò sulle spine”.

“È spaventoso”, ha replicato la Clinton. “Quando fai i capricci, vuol dire che non sei all’altezza del lavoro”. L’inaudita minaccia di Trump, seminare il caos anziché ammettere la sconfitta, è stata agghiacciante – e potrebbe lasciar presagire una lunga crociata populista che sfiderà la legittimità del governo nel prossimo futuro.

Las Vegas, una città costruita sull’esaltazione di un aspetto della vita americana squallido e di bassa lega. Il luogo appropriato per concludere una serie di dibattiti osceni, poco edificanti e soprattutto poco informativi. Come ha detto lei stessa agli amici della sua cerchia, Clinton potrebbe anche vincere le elezioni, ma questo non è il tipo di corsa che avrebbe desiderato vincere. Non era questo il modo in cui voleva farlo.

potrà anche vincere con ampi margini, ma questo non riunirà il paese. I democratici potranno conquistare posti al Senato e alla Camera dei Rappresentanti, ma questo non condurrà ad una Washington unita e pronta ad agire nel concreto. Il processo elettorale, che dovrebbe essere un rituale di rinnovamento, ha distrutto la fiducia nel nostro sistema di governo.

Non c’è stato alcun evento in grado di cambiare l’andamento della corsa, mercoledì notte. Né Trump, né Chris Wallace, conduttore Fox e moderatore del dibattito, hanno indotto una Clinton risoluta a commettere un errore plateale e in grado di cambiare le carte in tavola. Così come non sono riusciti a farla crollare in un’improvvisa crisi personale

Certo, lei era sotto pressione a causa della faccenda delle email, ma ha contrattaccato attribuendone la divulgazione al coinvolgimento personale di Putin nella vicenda. Trump ha abboccato all’amo esprimendo più volte la sua ammirazione per Putin, il più ricco e potente finanziatore di attività terroristiche del pianeta.

Trump non si è tramutato nello statista ragionevole che nessuno crede sia. Come se lodare Putin non fosse già abbastanza, ha continuato dicendo che il presidente siriano Bashar Assad è stato un “cattivo ragazzo”, ma probabilmente il migliore che potremmo augurarci in quella zona.

Le discussioni su tasse, immigrazione, economia e tutto il resto sono state esercizi di oratoria da parte di entrambi i candidati, fatti di battute e accuse già utilizzate prima e già sentite da tutto il paese. Per la Clinton, il momento migliore è stato il suo invito alla tolleranza e al rispetto delle donne e degli esponenti di ogni religione e appartenenza etnica.

Il fatto che una simile difesa sembri, in un certo senso, “politica” – un’affermazione con cui non tutti sarebbero d’accordo – ci mostra in quale misura Trump ha trascinato nel fango questa campagna. Ma proprio questa fermezza ha impedito alla Clinton di alimentare speranze e di stabilire obiettivi più alti. Hillary è apparsa infastidita, non ha avuto l’opportunità (o forse l’energia emotiva) di ricorrere ad altre argomentazioni stimolanti.

Sempre pronta ad attaccare, e rispondendo colpo su colpo, Clinton ha dimostrato di essere disposta ad accontentarsi di una vittoria basata principalmente sul ripudio di Trump, piuttosto che sulla sua affermazione personale.

Nel frattempo, Trump sembrava ansioso di smontare qualsiasi parte del sistema gli capitasse a tiro, facendo in effetti quello che l’ex Unione Sovietica non riuscì a fare per minare la fiducia degli americani nel loro governo.

Le agenzie investigative americane nutrono il forte sospetto che gli alleati di Putin abbiano attaccato la campagna della Clinton. Un fiume di email imbarazzanti ha mostrato al paese l’aspetto machiavellico della politica e reso note le manovre strategiche della stessa Hillary.

Questo non basterà a far diventare Trump presidente. Ma di certo non aiuterà a ristabilire la fiducia nel governo democratico americano. La fiducia nel governo è la nostra più grande risorsa, ed è anche un obiettivo di Putin. E lui ha centrato il suo obiettivo mercoledì notte, a Las Vegas.

Questo articolo è apparso originariamente nella versione Usa di Huffpost. Per l’Italia è stato tradotto da Milena Sanfilippo

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