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Cultura. Dietro la guerra Asproni-Appendino c’è la turbo-cultura in salsa renziana.

Internet

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Di Vittorio Emiliani

La presidente di Confculture, organizzazione culturale della Confindustria, nonché presidente di Torino Musei, Patrizia Asproni, ha dunque dato con clamore di stampa le dimissioni da quest’ultima carica. Ella ha accusato la sindaca 5 stelle Chiara Appendino di non averla mai ascoltata e di averla in sostanza costretta al grave passo impedendole, di fatto, di organizzare la Mostra già programmata su Edouard Manet. Mostra che sarebbe stata catalogata dalla sindaca fra quelle “blockbuster”, sorta di pacchetti turistici che ormai imperversano nell’inesausto e onnivoro “mostrificio” nazionale. A tutto danno di autentiche e sempre più rare mostre “di ricerca” le quali richiedono anni di studio e di preparazione. Uno scontro fra turbo-cultura in salsa renziana (Asproni) e cultura-cultura (Appendino).

Come è già avvenuto per il Salone del Libro, Milano si è subito presentata sulla piazza torinese pronta a rilevare senza problemi l’organizzazione dell’evento culturale. È in atto una sorta di assedio della giunta cinque stelle di Torino per indebolire la sua presenza in campo culturale a livello nazionale? Qualcuno già lo sospetta. Certo, l’assessore alla Cultura del Comune di Torino, Francesca Leon, non è una dilettante in materia. Figlia del brillante economista keynesiano Paolo Leon, uno dei più attivi nel non facile campo dei beni culturali, morto purtroppo pochi mesi fa, è anzi una professionista del ramo e sa quello che fa.

Alla Asproni, manager toscana, grintosa, chiamata dal sindaco Piero Fassino (molto incline a privatizzare le gestioni museali), Chiara Appendino, dai banchi dell’opposizione, non aveva certo riservato carezze. Anzi aveva più volte attaccato quella politica troppo privatistica, troppo incline al mostrificio. Del resto Patrizia Asproni, nella veste di presidente di Confculture, espose al Teatro Argentina una sorta di sbrigativo manifesto della turbo-cultura renziana: “Stesse in me, cancellerei subito il Ministero per i Beni Culturali e affiderei tutto al Ministero dell’Economia e Sviluppo”. In quella direzione infatti va il MiBACT renziano: la tutela e le Soprintendenze finiranno – secondo la legge Madia – sotto i prefetti (già nel sisma di Amatrice non sono state mai nominate né viste) e la valorizzazione turistico-commerciale potrebbe benissimo diventare una branca di economia e sviluppo.

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