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Poesia. Spiragli di Luce

Copertina del libro “Spiragli di luce”

Copertina del libro “Spiragli di luce”

Spiragli di Luce, raccolta di poesie

di Raimondo Giustozzi

Pasquale Tocchetto, classe 1926, è un maestro in pensione. Abita e vive da sempre a Morrovalle. Ha illustrato il proprio paese di nascita, prima con la sua professione d’insegnante, poi, con un’altra raccolta di poesie “Morrovalle, antico operoso paese”, edita nel 2010. Ha educato generazioni di alunni nella Scuola Primaria del capoluogo. Scrive nell’introduzione al secondo libro di poesie “Spiragli di Luce”, stampato nel mese di luglio 2016 da Micropress srl di Fermo: “Le composizioni sono il frutto di un ventennale, appassionato impegno e di interessanti ricerche letterarie, culturali e storiche. Le ho chiamate “Spiragli di luce” perché considero i diversi argomenti trattati come raggi di speranza e iridati percorsi di vita. Vengono illustrati problemi sociali, avvenimenti, personaggi, riflessioni, sentimenti, aspirazioni e meraviglie naturali. La dilettevole iniziativa mi ha permesso di impiegare utilmente le ore libere, di esercitare la mente e colmare la solitudine” (Spiragli di Luce, Pasquale Tocchetto, Introduzione).

Il talento artistico, che si traduce nella capacità di comporre versi adottando la metrica tradizionale, caratterizzata dal ritmo, dall’armonia e da una regolare struttura: il verso decasillabo, endecasillabo, la rima baciata, alternata e incatenata, come è nella maggior parte delle poesie raccolte nella silloge, va fatto conoscere, senza infingimenti, anche per tramandare nel tempo i propri ed i sogni di tutti. La fonte ispiratrice è citata nella stessa introduzione: “… Io mi son un che quando/ amor mi spira, noto, e a quel modo/ ch’è ditta dentro vo’ significando” (Dante Alighieri, Purgatorio, canto XXIV, versi 52- 54). Si sa che “la straordinaria dichiarazione della poetica stilnovista è presentata da Dante a Bonagiunta, esponente della superata scuola poetica guittoniana”. Anche nelle quartine del componimento “Che cosa è stato” c’è il riferimento agli ultimi quattro versi de “Il passero solitario” di Giacomo Leopardi.

La presentazione del prof. Sandro Baldoncini dell’Università di Macerata, riportata nelle prime tre pagine della raccolta, rappresenta un’attestazione di validità letteraria e poetica a tutto tondo. L’illustre professore definisce l’opera come “Un vero e proprio modo alternativo alla desolante stagione poetica che da molti decenni ormai caratterizza la nostra tradizione… Proprio in questa eleganza formale, quasi un sussurro di parole scelte con speciale accuratezza che concede all’arcaismo un primato inatteso, si nasconde il fascino d’una parola antica che ha saputo conservare, nel corso dei secoli, i segni della passata bellezza” (Spiragli di Luce, Presentazione del prof. Sandro Baldoncini). La silloge contiene cento cinquanta poesie distribuite in quattordici sezioni: “Verso l’azzurro”, “Meraviglie del creato”, “La Patria”, “Radiosa speranza”, “Affetti”, “Compleanni”, “Lieti incontri”, “Soavi melodie”, “Paese nativo”, “Fiori d’arancio”, “E’ festa”, “Personaggi illustri”, “Distinta classe “26”, “Antico idioma”. Ogni poesia reca in calce la data della composizione. Ovviamente ogni sezione non contiene la stessa quantità di poesie.

La sezione “Verso l’azzurro” contiene il maggior numero di poesie (23). Nella poesia “Ma…che sarà” e “Che cosa è stato”, c’è il perché della fatica letteraria: ” Con letture, pensieri e commenti,/ poesie e ricerche di storia,/ tengo desti i miei sentimenti,/ gli interessi, la mente e memoria”. Nel successivo componimento “Che cosa è stato?”, dopo gli ultimi quattro versi de “Il passero solitario” di leopardiana memoria, il poeta ripensa alla propria infanzia: “Provenendo da classe sociale/ indigente, ignorante e sfruttata,/ senza svaghi fu infanzia anormale,/ fanciullezza nel tedio è volata. // Passerotto strappato dal nido,/ approdai in austero rifugio,/ per migrare nell’africo lido,/ l’infedele a salvar senz’indugio”. Questi invece i versi che ricordano la Scuola Magistrale frequentata: “Magistrale Istituto m’accolse,/ mentre attorno avvampava la guerra;/ uno studio agitato si svolse/ ché sconvolta tremava la terra.// Finalmente il conflitto è cessato,/ lentamente è tornata bonaccia;/ superato l’esame di stato,/ per il posto s’è aperta la caccia.// Con rimpianto ripenso al passato,/ ne rivivo struggenti ricordi;/ l’obiettivo ideale è mancato,/ ho percorso tragitti discordi” (Ibidem, pag. 16). Pasquale Tocchetto è un uomo mite, buono, rappresenta la timidezza in persona. Lo conosco da sempre, anche se tra noi non c’è mai stata tanta frequentazione. Ho frequentato la Scuola Primaria nella sede di Santa Lucia, frazione di Morrovalle, lontana dal capoluogo. Non ho avuto la fortuna di averlo come maestro. Sono stato per vent’anni in Lombardia ed ora vivo a Civitanova Marche. Ecco comunque un riferimento alla propria passione educativa: “Timidezza e scarsa autostima/ han bloccato il successo e l’ascesa,/ rinunciando a salir sulla cima/ e restare in trepida attesa.// Insegnante del corso primario,/ ho istruito trecento bambini/ nella lingua e scibile vario,/ educando ai valor genuini”(Ibidem, pag. 15- 16). Timidezza e scarsa autostima. Ecco. Anch’io sono così. I versi di Pasquale Tocchetto mi sono molto vicini.

Tutto, nella poesia del maestro, si colora di sentimento e di stupore: “Puntualmente risveglia natura/ il ciliegio nel mese d’aprile:/ la fantastica sua fioritura/ simboleggia l’età giovanile” (Ibidem, pag. 36). Nella poesia “Nuvole”, il nostro si diverte a definire cosa sono gli Strati, i Cumuli, i Cirri, i Nembi, gli Aloni: “E’ l’azzurro da Strati velato,/ addensati e tra lor sovrapposti;/ clima rendono fresco e appannato/ ed i raggi del sole nascosti.// Ecco i Cirri sottili sfilacci/ lunghi e posti nell’alte regioni,/ consistenti in cristalli di ghiacci,/ ma possiedono scarse estensioni.// Nembi in basso, dai bordi frangiati,/ normalmente si sciolgono in piogge;/ con i Cumuli spesso associati,/ riproducon stranissime fogge.//… “Tele e affreschi d’artisti famosi7 rappresentan su volta celeste,/ con Aloni e Nembi brumosi,/ sogni, attese e vicende moleste…” (pag. 38).

Mamme, feste di compleanno, incontri, momenti di vita religiosa, speranza, felicità, la notte, il silenzio, la sera, nevicate, tutto viene registrato e messo in versi dal poeta. Particolare spazio viene dato al paese natio con le sue antiche vie popolate da rumori, da voci che si aprivano sulla strada dall’interno di botteghe artigiane, ora invece ridotte a silenzi quasi spettrali: “L’ala del tempo ha quasi cancellato/ mestieri ed usi antichi del paese;/ sulle memorie care del passato/ un gran silenzio stese.// Botteghe ed officine ormai son chiuse;/ non s’odon più fragori di strumenti,/ né le canzoni per le vie diffuse/ dagli artigiani contenti!” ( Ibidem, Onore agli artigiani, pag. 117). Lo spopolamento del centro storico di Morrovalle viene così descritto: “Ci son palazzi privi di abitanti/ e il capoluogo è proprio desolato/ per il silenzio e l’ombre vaganti:/ c’è nostalgia intensa del passato.//…Finestre e porte ruvide e sconnesse/ sono evidenti segni d’abbandono,/ di generale, gran disinteresse/ pel patrimonio sempre bello e buono…//Tornino i fiori sopra i davanzali,/ il cinguettio di garruli fanciulli;/ sotto quei tetti nuclei parentali/ e nel rione i soliti trastulli./… O Morrovalle, salva il tuo decoro/ e i monumenti emblemi di valori,/ testimonianze vive del lavoro/ di progettisti e bravi costruttori” (Ibidem, Case vuote).

Il problema dei nostri centri storici è comune a tanti paesi delle Marche, carichi di storia, ricchi di abitazioni di pregio, palazzi famosi ma disabitati. Anche la poesia serve a dare una scossa alle amministrazioni, per rilanciare i paesi di collina che stanno morendo. Bello il libro “Spiragli di Luce”. E’ un invito a sperare e a danzare la vita con gli occhi di un bambino ma di una certa età, novant’anni compiuti, quelli del maestro Pasquale Tocchetto.

 

Raimondo Giustozzi

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