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agosto 2016
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Dialetto in pillole – 59. Parole loretane con la S (1)

Un po’ di voci loretane e modi di dire collegati, presenti nel glossario “Parlà loretano” (1994), di Augusto Castellani. Li ripropongo così come li ha scritti lui, magistrale interprete del dialetto della “felix civitas lauretana”; di mio ci sono solo alcune osservazioni sull’etimologia e i riferimenti letterari. Questa è una selezione; Castellani, di vocaboli, ne ha registrati assai di più e pertanto invito il curioso a procurarsi il suo volumetto.

ABBREVIAZIONI

accr. = accrescitivo / am. = americano / ant. = antico / ar. = arabo / arc. = arcaico / celt. = celtico / cfr. = confrontare / dim. = diminutivo / ebr. = ebraico / eccl. = ecclesiastico / em. = emiliano / euf = eufemismo / f. = femminile / fr. = francese / franc. = francone / germ. = germanico / got. = gotico / gr. = greco / incr. = incrocio / it. = italiano / lat. = latino / long. = longobardo / lomb. = lombardo / march. = marchigiano / med. = medievale / mer. = meridionale / mil. = milanese / mod. = moderno / nap. = napoletano / onom. = onomatopeica / pers. = persiano / pop. = popolare / pref. = prefisso / pron. = pronome, pronominale / prov. = provenzale / rom. = romanesco / romagn. = romagnolo / sett. = settentrionale / sin. = sinonimo / sost. = sostantivo / sp. = spagnolo / suff. = suffisso / t. = tardo / ted. = tedesco / tosc. = toscano / um. = umbro / v. = verbo / ven. = veneto / volg. = volgare

SUONI più importanti: s indica s dolce di rosas indica s aspra di sole / é, ó hanno pronuncia chiusa (italiano: védi, fióre) mentre è, ò hanno pronuncia aperta (italiano cièlo, pòrta)

 

sàccome tìra el sàcco, sono scocciato, irritato n’ha prése un sàcco e ‘na spòrta, ha preso tante botte; non solo tante (un zàcco), ma anche di più; lat. sàccus.

sàlequànno t’hànne battezzato de sàle te n’hànne nméso pògo, con riferimento a persona di poca sostanza, sciocca; lat. sal-sàlis.

salvà’‘ndàsse a salvà’, nascondersi, specie nel gioco del nascondino; sàlva qu’ la ròbba, metti da parte quella roba, salvala, conservala; lat. t. salvàre.

sàlvo me tòccopurétta, ci ha un malàccio qui, salvo me tòcco, ha un brutto male qui, dove mi tocco (per scaramanzia); lat. t. salvare; corrisponde al rom. sarvognuno: In quer tramente, – m’è preso, sarvognuno, un accidente … (Trilussa, XIX-XX sec. Sonetti, Dar botteghino).

santì’giògo del santì’, si metteva in piedi per alto un mattone (el santì’ per la somiglianza di posizione con le immaginette dei santi negli scaffali, tavolini etc…), che poi si cercava di colpire con una piastra; a volte si mettevano anche i soldi, intascati da chi abbatteva il mattone; lat. sànctus, con dim.

santificiètama guarda qu’ la santificièta, baciapile, bigotta e, al tempo stesso, falsa, furba, profittatrice; una sorta di Tartuffe, figura simbolo dell’ipocrisia; lat. santificetur, sia santificato.

sapó’e va’ a magnà’ el sapó’, modo di mandare qualcuno a quel paese; lat. sàpo-ònis; il termine risale al germ. ant. sapone, che nell’alto medioevo indicava un prodotto per tingere di rosso i capelli.

saracchìnac’èra la saracchìna a scottadéti, la saraghina calda calda; lat. sàrgus > it. sarago + dim..

sardèllame pàri ‘na sardèlla, detto a ragazza minuta, molto magra (ma non è un complimento); gr. sardó > lat. sàrda con dim..

sartórecu’ fai, cùme Sabina el sartóre?, sarto che prendeva le misure adoperando le sole mani (cioè calcolando a palmi o a dita); lat. t. sàrtor-òris.

sbàtte’el vèrde me sbàtte, vestire di verde mi fa apparire sbattuta, come malata, pallida, fuori forma, m’imbruttisce, insomma; nelle Marche si dice che el verde, ‘gni donna ce perde, mentre sono invece considerati colori amici delle donne il giallo e il marrone; lat. bàttere con s rafforzativa iniziale.

sbattezzatii sbattezzàti hànne lanciato i òva contro la ‘chièse, riferito ai sacrileghi, che lanciarono uova contro la Basilica (è un fatto vero); lat. t. baptizàre con s iniziale avversativa; cfr. ven. desbatesàrse.

sbiagì’nun me ffa’ parlà’ che te sbiagìscio, non farmi parlare ché ti faccio nera; lat. volg. bìcjus, del colore marrone del baco da seta durante la sua evoluzione in falena, scuro per estensione; altri: variante di sbiadire,  far sbiancare qualcuno per la paura; altri ancora richiamano l’ant. it. sbiascire, morire.

sbiffà’ha sbiffàto la prìma scàla e l’ha fàtte tùtte a tèsta de sótta, ha mancato il primo gradino e tutti gli altri li ha fatti a testa in giù; long. wiffa > it. biffa, segno di confine, dunque da evitare, sfiorare magari, ma non oltrepassare; se succede, si sbìffa, con s avversativo.

sbillóngoe ‘nna d’è sbillóngo!, caspita, quant’è alto!; lat. bis lòngus; il de è qui usato come nell’it. ant. ched = che è, con quanto sottinteso, come fosse: quanto che è lungo!; anche l’esclamativo e ‘nna sottintende sempre altra parola: e ‘nna cicoria! e ‘nna misèria! fino a espressioni relative a residenti in paradiso; lat. bis + lòngus, lungo due volte, molto alto.

sbóccaè ‘ndàto a pescà’ gió la sbócca, è andato a pescare alla foce del fiume (il Musone,); lat. bùcca, come luogo di fuoriuscita nel significato contrario di imboccare.

sbragiulà’fàmo dô sbragiulàte, facciamo un po’ di pettegolezzi; cfr. il portorecanatese a sbragió’, a più non posso; it. sbraciare nel senso di comportarsi da spaccone < lat. bràgire, alzare la voce, sbraitare.

sbrillà’gìra e sbrìlla, gira e rigira; anche: girare di 180°; ted. wirbeln, girare, roetare, brillare delle ali; nel dialetto nelle espressioni sbrillà’ i lenzòli, sbrillà’ la tuvàja per toglierne polvere, resti di cibo etc…

‘sbriùtafàccia da ‘sbrìuta, faccia tosta, da donna poco seria; la biuta è un impiastro di terra, rifiuti animali e materie grasse per turare buchi degli alberi o da usare come intonaco; viene dal lat. med. ablùta, lavata, da cui si sarebbe formato il contrario con prefisso di s avversativa: non lavata, non pulita anche nel senso morale; il termine vale pure per belletto, un tempo notoria manifestazione, negli ambienti popolari, di poca serietà delle donne che lo mettevano; altri: si intenda fàccia da sbriùda, cioè di una senza briglia, senza regole, sett. brìda<fr. ant. bride, con prefisso s avversativa; altri: radice celt. briga, contesa, se attribuita a donne ha il significato di impudente, sfacciata.

sbrodà’chi se lòda se sbròda, chi vanta se stesso non si accorge di apparire vanesio, di far brutta figura; franco brodh.

sbrusciolósaci ha ‘la fàccia sbrusciolósa, la sua faccia è piena di foruncoli: lat. brùscum, nodo nel legno, quindi in rilievo, sia pur minimo, sulla pelle; divenuto poi brusciòlo nel dialetto, con suff. dim. proprio per sottolinearne le piccole dimensioni, da cui bruscioloso-a, con s rafforzativa.

sbuccàtalì diètro se pìja cèrte sbuccàte d’ària!, luogo dove il vento s’incanala, trova libero sbocco e prende velocità.

sbugà’m’hî sbugàto la pàlla, mi hai fatto bucare la palla, mi hai impedito di colpirla; anche comparire all’improvviso, come chi sorprende uscendo da una buca lat. volg. bùca, con s estrattiva.

Sbolognare

Voce SBULUGNA’ – sito youtube.com

sbulugnà’dai, dai, sbulògna, forza, vattene via; un tempo Bologna era nota come luogo di spaccio di ori falsi; da lì accadeva sovente di doversela squagliare, magari per l’arrivo della polizia.

scacciaccà’ho fàtto pùre lo scacciaccà’, personale addetto al servizio della basilica, incluso il rispetto della regola sul divieto di ingresso dei cani in chiesa; applicata alle persone, l’espressione non è un modello di tatto; composto da cacciare + cane.

scaccióle bancaròle nun l’ha mpaurìte màncu i  scacció’, le bancarole non si sono fatte intimidire nemmeno dalle minacce di sfratto dalla piazza della Madonna.

scagacciàtele scagacciàte dei picció’, i ricordini dei piccioni, sempre numerosi in piazza della Madonna; lat. cacàre > it. scacazzare.

scalcagniffigà’el fréddo scalcagnìffiga, il freddo purifica (p. e. dai microbi): dall’idea di scalcagnare, battere i calcagni l’uno con l’altro per ripulirli dalla terra o altro; lat. t. calcàneum, calcagno.

‘scaldì’ce vurìa un ‘scaldì’, recipiente ricoperto di zinco per carboni ardenti da portare con sé (per casa, in chiesa etc…); der. di scaldare < lat. t. excaldàre.

scanaffojà’ce trovàmi a scanaffojà’, ci riunivamo per sfogliare le pannocchie di granturco; da cànna + fòja. L’operazione avveniva quando le pannocchie erano mature; si accantonavano nell’aia e poi si scartocciavano. Il fascino di quelle serate rivive intatto nelle pagine di Augusto Castellani in ‘Ndamo a scanaffojà’. Nelle famiglie non abbienti, le foglie delle pannocchie si usavano come materassi.

scandajàtadàje ‘na scandajàta, dacci una guardata, magari approssimativa; lat. volg. scandàclum, scandaglio.

scàrpeè le scàrpe de quéllo ch’è mòrto gió la Barca, detto come sfottò a chi porta un paio di scarpe nuove; la Barca è una contrada di Loreto ubicata alla foce del Musone, così chiamata per via della barca usata per attraversare il fiume. Non mi spiego l’accenno al morto; germ. skàrpa.

scarpì’te scàrpo ‘ssì dô pèli che ci hai nte la tèsta, ti scarpisco i pochi capelli che ti sono rimasti (minaccia); lat. volg. scarpìre.

scarpirèllaho sbattùto nte la scarpirèlla, quando ci si fa male proprio sul lembo di pelle sollevata adiacente l’unghia del dito; lat. ex-cèrpere, strappare, lacerare (mi sono fatto male dove è strappato, dov’è la ferita); un poco a che fare, qualora a qualcuno venisse la tentazione di accostarcelo, con il lamento di Pier delle Vigne: … ricominciò a gridar: “Perché mi scerpi? … (Dante, Inf., XIII, 35).

scartarèllome bàsta u’ scartarèllo, mi basta quel che è stato scartato dagli altri, pretendo davvero poco; riferito pure a persone: da carta con s sottrattivo + suff. dim.

scatrafòssicùre’ gió pe’ i scatrafòssi, correre su terreno gibboso, pieno di buche; gr. katá + fosso< it. arc. catrafosso.

schiaffà’ in du’ l’hai schiaffàta la ròbba?, dove hai messo la roba?; voce onom.

schiassàtam’ha fàtto ‘na pèzza de ‘na schiassàta, mi ha fatto una clamorosa scenata davanti a tutti; lat.volg. clàssum, confusione + suff. accrescitivo peggiorativo.

schierchiàtoè schierchiàto cùme un fràte zucculànte, ha la chierica come un frate, sta perdendo i capelli; lat. med. clèrica, con s rafforzativa.

schiodà’io te le schiòdo, ti parlo chiaro, non te le mando a dire; lat. clàvus, dall’idea di chiudere, serrare; quindi aprire, liberare (tutto quel che si pensa trasferirlo alle parole).

schiònnenun fa tànte schiònne, non fare tante moine, non fare lo schifiltoso; dall’it. med. (ore)cchione, acconciatura di moda, leziosaggine; da qui proviene il significato di ‘recchió come omosessuale.

sciacquaròlobùtta tùtto ntel sciacquaròlo, butta tutto nel buco del lavandino; la roba da scartare, da buttar via; lat. volg. (e)xaquàre, lavare, con suff. strumentale.

sciacquéttorimèdia sèmpre un sciacquétto, rimedia sempre qualche cosa da bere (specie vino); lat. volg. (e)xaquàre, lavare, bagnare con suff. dim..

Fiori di gialappa

Voce SCIALAPPA – la gialappa – sito pianteinviaggio.it

scialàppanun ce fài màncu i quadrì’ pe’ la scialàppa, da questa cosa non ricaverai nemmeno i soldi per un purgante: si tratta di un estratto della gialappa, pianta erbacea; sp. am.Jalapa, città messicana.

scialìtoè un vì’ scialìto, è un vino insipido; it. sciapo + lat. exhalàre, svaporare.

sciallàtoel bàvero sciallàto, tagliato a forma di scialle; fr. châle.

sciamannàtova in gìro sèmpre tùtto sciamannàto, disordinato, trasandato; got. manwjjan (preparare, ordinare) > lat. ex-admannàre, mettere in disordine, con ex privativo che conferisce significato contrario; altri: ebr. siman, cencio, straccio. Nel romanzo Il marito di Elena (1882) Giovanni Verga scrive … ella non badò che il leguleio unto e sciamannato

sciàpodìghi sólo sciapàte, sai dire soltanto stupidaggini; lat. volg. (in)sàpidus.

sciattà’nun te sciattà’, non darti così tanta pena, così tanto da fare; lat. t. (e)xcaptàre, affannarsi; è un sinonimo sgiagattà’, stesso significato, ma dall’ebr. shehijah, sciupare, rovinare.

scibenedéttama ‘gna che te dàghi ‘na smòssa, scibenedétta!, bisogna che tu ti dia da fare, benedetta donna!; sii + benedetta.

sciòje’cùme pijàva fréddo nte la pànza, je se sciojéva el còrpo, se prendeva freddo sulla pancia, subito doveva correre al bagno; lat. (ex)sòlvere; .

sciórapapà, è scióra la pulènta; pare che la polenta sia più buona fredda, ma qui si tratta del richiamo di qualcuno che vorrebbe parlare gùzzo (papà), ma poi ricade subito nel suo linguaggio abituale; lat. volg. (e)xauràre, esporre all’aria. L’uso del termine nelle lingue neolatine è antico; Chrétien de Troyes (XII sec.), il più grande dei poeti in lingua d’oïl, usa più volte essorer col significato di esporre all’aria.

scìropòrteme su qu’ la góccia de scìro, de culazzió’, lo sciro, che si beveva a colazione, era siero di ricotta; lat. sèrum, siero; altra ipotesi: dall’ar. sharūb, bibita costituita da acqua zuccherata.

sciròlochi va a Loréto e nun va a Sciròlo, véde la màdre e nun véde el fijòlo, chi va a Loreto e non a Sirolo vede la statua della Madonna (màdre) ma  non vede il crocifisso (fijòlo), che, per altro, si trova in una chiesa di Numana.

Il crocifisso di Numana

Voce SCIROLO, il crocifisso che, però, sta a Numana – sito turismo.marche.it

scìvulesa’ che scìvule!, cadute, scivolate – l’àcqua ffa’ la scivularèlla, l’acqua scorre verso il basso, nello scivolo; ted. ant. sliofan, sdrucciolare > it. ant. sliovàre, poi scivolare.

‘scolà’chi ‘scóla pàga, paga chi beve; lat. ex + colàri (stillare).

sconocchiàtol’hànne sconocchiàto per bè’, gliene hanno date non poche (di botte); la sconocchiatura è il residuo del pennacchio della conocchia, il poco che resta di una conocchia ormai spogliata, ridotta a poco, per estensione: malridotta; voce veneta e romanesca; D’accordo co’ Nettuno e co’ Vurcano – faceva l’uragani e le tempeste – pe’ sconocchià li boschi e le foreste … (Trilussa, XIX-XX sec., Giove).

scucciulàtoso’ tùtto scucciulàto, sono sfinito, come ridotto a un coccio; der. di coccia con s sottrattivi + suff. da sost. a sost. (tipo: ginocchio-ginocchiata)

scùffiate salùto scùffia, che sbornia che hai preso!; prendere una scuffia vale anche prendere una cotta, infatuarsi; forse dal linguaggio marinaresco dove scuffiare (voce onom.) significa sbandare, ribaltarsi.

scurdarécciate crédi che so’ scurdaréccia?, tu pensi che io dimentichi facilmente le cose?; lat. (re)cordàri con s sottrattivo.

scurtigà’la códa è sèmpre la più dùra da scurtigà’, l’ultima parte di un lavoro, di un’impresa etc…, è sempre la più difficile – me so’ scurtigàto le bóje, mi sono scorticato la crosta della ferita, ho fatto le cose troppo in fretta; lat. còrtex-còrticis, con suffisso s rafforzativa.

scurzó’fràte scurzó’, frate non è da messa, rozzo; lat. scòrtea, pelliccia, scorza, con suff. accr. óne.

sdògà’me sdògo tùtto el giórno, fatico molto tutto il giorno; allusione al dispendio di energie necessarie per sdogare una botte (toglierle le doghe); vale anche nel senso di bastonare, malmenare rudemente, sdossare, distruggere; lat. t. dòga, botte, poi cintura della botte, con s sottrattivo.

sdurzà’a Loréto òggi più de ièri sdùrzene i furestièri, più che nel passato, ancora oggi a Loreto scialano, comandano i forestieri; it. ruzzo, ruzzare, divertirsi < lat. roteàre, far girare per gioco (palle, oggetti vari); cfr. mac. lurzà’, giocare, tratto dall’osservazione degli scherzi bizzarri degli animali giovani.

séccac’è ‘na sécca mai vista, c’è una siccità inusitata; lat. sìccus, secco, arido.

serpentìnasta’ zìtta serpentìna!, taci, linguaccia!, lingua velenosa; lat. sèrpens-serpèntis.

sétanun me ce vòle la scàla de séta, non aspetterò di avere una scala di seta per fare quel che devo, subito e senza aiuto; lat. séta.

settèmbresettèmbre, l’ùva e fàtta e i fìghi pènne, a settembre si può raccogliere l’uva e i fichi sono maturi; lat. septèmber.

sfagiola’mìga me sfagiòla quel che fai, non mi piace quello che fai; un tempo si metteva un fagiolo nell’urna per esprimere parere favorevole; dal lat. volg. phasjòlus, fagiolo, con s durativo.

sfilàsses’è sfilàta ‘na stèlla, immagine per descrivere la corsa di un meteorite; lat fìlum con s sottrattivo.

sfilzigó’ci hai dô sfilzigó’, avere pochi capelli, lunghi e non curati, che danno l’idea delle lunghe ramaglie attorno alle radici degli alberi; lat. fìlum > lat. volg. filìtia con s intensiva.

sfisià’me ne dìce tànte che me sfìsia, mi parla in continuazione al punto di asfissiarmi, opprimermi (anche sfisicà, con significato simile a sfenì’); gr. (a)sphyksía.

sfògola misèria vòle lo sfògo, chi vive in miseria ha bisogno anche di sfogarsi per sopravvivere; lat. fòga, fuga, libero corso.

sfrégolifàmme dô sfrégoli nte ‘sta spàlla, fammi un massaggio alla spalla; it. fregare nel senso di massaggiare.

sfrigià’j’ha sfrigiàto tùtto el vètro, gli ha segnato, graffiato, tutto il vetro; it. fregio; lat. phrýgium, stoffe frigie, ricamate in oro.

sfruttulà’sî venùta a sfruttulà’, a parlare per prendere informazioni, a informarti, a impicciarti; costruito su frottola (fr. ant, flotte, gruppo numeroso, dove si ciarla), raccontare cose non vere, per estensione: chiacchierare.

sfugà’ha sfugàto tùtti i picció’ de piàzza de la Madonna, ha messo in fuga i piccioni in piazza della Madonna; lat. fugàre < lat. fùga, con s rafforzativa.

sfundó’hî fàtto un sàcco de sfundó’, hai commesso tanti errori madornali (nel parlare, nello scrivere); alcuni: rom. sfonnóne, parolaccia; altri, e forse con maggior ragione, lo danno di origine emiliana nel senso di errore madornale.

sgaggià’ma cùsa sgàggi a ffa’?, cos’hai da strepitare tanto?; da gàggia, gazza, per il verso aspro e sgradevole; la gazza era considerata un uccello del malaugurio, specie se volava da destra a sinistra di chi guardava.

Una gazza ladra

Voce SGAGGIA’ – Una gazza ladra – sito animali.net

‘sgaràggia(av)éva préso la ‘sgaràggia, malattia della pelle, specie nel capo dove colpisce soprattutto i bambini; forse dal cat. escarrafar, graffiare, azione cui costringe il pizzicore causato dalla malattia.

sgaravanàta(av)émo fàtto ‘na bèlla sgaravanàta, abbiamo fatto una faticaccia; sicuramente da carovana, che fornisce l’idea della moltitudine (pers. kārwān, gruppo di mercanti); quindi, farsi una scarovanata esprime bene la gran quantità di fatica cui si fa riferimento.

sgardaffó’rsumìja a un sgardaffó’, somiglia a uno scarafaggio, riferito spesso a persone dall’aspetto sgradevole, brutte; voce nap., scarrafóne.

sghénciaci ho ‘na sghéncia! (per alcuni: sghìncia), ho una fame arretrata; alto ted. ghit da cui il medio ted. ghitze, voracità, grande appetito; cfr. em. sghéssa, lomb. sghéiza.

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