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agosto 2016
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Dialetto in pillole – 54. Parole loretane con la M (3)

Un po’ di voci loretane e modi di dire collegati, presenti nel glossario “Parlà loretano” (1994), di Augusto Castellani. Li ripropongo così come li ha scritti lui, magistrale interprete del dialetto della “felix civitas lauretana”; di mio ci sono solo alcune osservazioni sull’etimologia e i riferimenti letterari. Questa è una selezione; Castellani, di vocaboli, ne ha registrati assai di più e pertanto invito il curioso a procurarsi il suo volumetto.

ABBREVIAZIONI

accr. = accrescitivo / ant. = antico / ar. = arabo / arc. = arcaico / celt. = celtico / cfr. = confrontare / dim. = diminutivo / ebr. = ebraico / euf = eufemismo / f. = femminile / fr. = francese / franc. = francone / got. = gotico / gr. = greco / incr. = incrocio / it. = italiano / long. = longobardo / lat. = latino / march. = marchigiano / med. = medievale / mer. = meridionale / mil. = milanese / mod. = moderno / onom. = onomatopeica / pers. = persiano / pop. = popolare / pref. = prefisso / prov. = provenzale / rom. = romanesco / romagn. = romagnolo / sin. = sinonimo / sp. = spagnolo / suff. = suffisso / t. = tardo / ted. = tedesco / tosc. = toscano / um. = umbro / v. = verbo / ven. = veneto / volg. = volgare

SUONI: s indica s dolce di rosas indica s aspra di sole / é, ó hanno pronuncia chiusa (italiano: védi, fióre) mentre è, ò hanno pronuncia aperta (italiano cièlo, pòrta)

 

Augusto Castellani con Papa Paolo VI

Con Paolo VI – foto famiglia Castellani

Cristina Castellani ci commenta la foto del padre:

Dietro la foto c’è la data 14/04/1969 in occasione della 9^ rassegna internazionale di cappelle musicali. Babbo per molti anni operò così: dopo la conclusione della rassegna organizzava una visita al Santo Padre a Roma con le corali in udienza particolare nelle stanze vaticane. Gli stranieri e anche gli italiani amavano molto questa opportunità  ed intonavano tutti assieme l’ “Oremus pro pontifice” (brano composto dal maestro Adamo Volpi organista della basilica della S.Casa). Assieme a babbo l’allora arcivescovo (diventato successivamente cardinale)  Aurelio Sabattani originario di un paesino vicino Imola (città natale di mamma Fedora).

 

mistigànzaè tùtta ‘na mistigànza, è tutto un mucchio, non c’è più distinzione (p.e., uomini e donne, loretani e no, cose buone e meno buone etc…); anche riferito alle erbe accantonate a pagliaio; la parola definisce altresì un’insalata di erbe varie e fragranti, nata nei conventi dei cappuccini: lat. volg. mixticàre.

mòccolotìra cèrti mòccoli, che scùra el sóle, le sue bestemmie oscurano il sole; forse con riferimento al mozzicone di candela detto, appunto, moccolo, e con valore antifrastico rispetto all’accendere per devozione i moccoli sugli altari – ccènde qul mòcculo ché s’è fatto scùro, accendi la candela, che fa buio; forse dal lat. volg. mùccus, moccio, per analogia con l’umore viscido che scola dalle candele; cfr. sp. moco e prov. moicailloun, spurgo del lucignolo.

mògiatìrelo fòra da la mògia, toglilo dalla fanghiglia; lat. mòllis, molle, bagnato; cfr. march. arc. mòglia, stesso significato.

mógne’ci ha el còre cuscì tènero, che lu poj mógne’ – ha il cuore tenero come le mammelle di una mucca da mungere; lat. (e)mùngere.

mojòleme s’è stemperàte le mojòle, mi si sono spuntate le pinzette per la confezione del rosario – è da ‘stamatìna che tracchéggio cu’ ‘ste mujòle, è da questa mattina che tengo queste pinze in mano (detto soprattutto dalle coronare, per le quali la pinzetta è strumento di lavoro); it. molle + dim. < lat. mòlla da cui mollìola

móllomóllo cùme un pulcì’, bagnato come un pulcino (perché esce dall’uovo); lat. mòllis-mòlle, per via dell’effetto ammosciante dell’acqua.

mònicamònica fàlsa, detto di persona di cui non ci si può fidare perché insincera, traditrice; lat. t. mònacha da mònacus.

montàlise nun ce védi chiaro, va’ gió da Montàli, riferito a una persona che faceva il gestore di una stazione di monta taurina, luogo dove le cose si vedono davvero come accadono (se non sai come si fa l’amore, vai a vedere da Montali).

montelupó’le dònne de Montelupó’ (Montelupone) làva i pàgni sènza sapó’, li struffìna cu’ i calcàgni, li ffa’ néri cùme el garbó; detto, chissà perché, a dileggio delle donne di Montelupone.

montiròzzocus’è tùtti ‘sti montirozzétti, perché questi foruncoli?; lat. mòns-mòntis, con suff. dim. di sostantivo per indicare il piccolo rilievo sulla pelle causato dal foruncolo.

mortàleel pistèllo del mortàle (anche murtàle), il pestello, il batocchetto per pestare il sale nel vaso; variante pop. del lat. mortàrium, mortaio per sale o altro.

mòrzela móje j’ha nméso le mòrze; la moglie lo ha soggiogato, gli ha messo la morsa; lat. mòrsus.

móscioe scì, ssu Tanci, ànzi ch’è móscio!, è un osso duro quel Tanci, vigile urbano, è severo assai; un Francesco Tanci fu capoguardia a Porto Recanati fino al 1911, quando venne condannato dalla Corte d’Appello di Macerata per appropriazione indebita di somme versate dai cittadini per contravvenzioni; spesso capitava alle bancaròle di dover fare per Tanci dei pesétti (quantità di corone, con tutti gli annessi, che la bancaròla riceveva a casa e da restituire a lavoro finito nella stessa quantità); si deve sospettare che dovessero farli gratis? – ffa’ le mósce ai pàgni, spargere cenere sui panni stesi al sole per ammorbidirli; lat. mùsteus, fresco, riferito soprattutto al formaggio, quindi molle; mettere i panni a la móscia vuol dire anche bagnarli di tanto in tanto prima di risciacquarli.

mpacchiàsseme ce so’ mpacchiàto, ho scialato nel fare quella certa cosa; lat. t. pàclum, mangiare e bere allegramente; l’it. arc. pacchiare sviluppa il significato di mangiare con ingordigia, in modo grossolano.

mpalluccà’‘sta néve nun me se mpallùcca, non riesco a fare questa palla di neve, la neve si sfarina, è troppo tenera; il verbo indica la creazione di grumi su polente, minestre, olio etc…; costruito sul long. pàlla, cosa rotonda.

mpancià’se fàgo dô pàssi npàncio, ho il fiatone appena faccio pochi passi; fr, panse < lat. pàntex-pànticis, pancia, ventre, intestini.

mpappà’me se ‘mpàppa el fréddo, il freddo mi si mangia; lat. pàppa, cibo.

mpappinà’ha parlàto, ha parlàto e m’ha mpappinàto, a forza di parlare mi ha messo nel sacco, mi ha confuso – mpappinà’ la gènte, imbrogliare le persone; lat. pàppa, nel senso di trovarsi impacciato, di inciampare sulle parole come quando si ha la pappa in bocca.

‘mparà’fattelo ‘mparà’ da la maéstra, usato al posto di insegnare – lu’ è nàto ‘mparàto, lui è nato con la scienza infusa; lat. volg. imparàre.

mpeluccà’s’è mpeluccàto tùtto, gli si sono attaccati i peli (o polvere o altro) sugli abiti; lat. t. pilucàre>fr. pelucher, coprirsi di fili, di peli.

Ballo

Voce ‘MPEGNA’ – Donne al ballo – sito vanityfair.it

mpegnà’pe’ ‘ndà’ a ballà’ s’è ‘mpegnàta pùre la camìgia, per andare alla festa da ballo ha speso tutto quel che aveva; lat. pìgnus-pìgnoris, pegno, con pref. im.

mpestà’pùzzi che mpèsti, emani un odore davvero cattivo, come la peste; lat. pèstis, peste.

‘mpiccià’‘mpiccià’ la càsa, riempire la casa di impicci, metterla in disordine – ‘ssu cassó’ sa de ‘mpìccia, questo cassone crea ingombro; lat. impedicàre, ostacolare>fr.ant. empeechier.

mprestà’chi mprèsta, càga la grèsta, chi presta, resta con la bocca amara, ci rimette sempre; lat. præstàre, garantire, con pref. in che denota azione.

mpupì’te s’î fàttu mpupì’ da culìa, ti sei fatto irretire, plagiare da quella donna; lat. pùpus, stessa radice di pùer, fanciullo, ma qui con senso spregiativo + pref. di azione in.

mùcchia‘na mùcchia, un bel po’ di roba, di gente o altro; lat. cùmulus mutato in mùculus a sua volta sincopato in mùclus, accumulo, grossa quantità.

Can che morde non abbaia

Voce ‘MUCCIGA’ – sito editori.regione.campania.it

muccigà’el ca’ che bàja nun mócciga, il cane che abbaia si sfoga così e non morde – pudéssi truvà’ magàra un muccigòtto de marìto, vorrei proprio trovare qualcuno che mi prenda in moglie, anche se scartarello – te si nméso lì, cu’ me cónti i muccigòtti?, mi guardi mentre mangio per controllarmi?; lat. t. morsicàre; voce march. moccicàre.

mucculó’un mucculó’, un ragazzino (gli scende ancora il moccio dal naso); lat. mùcculus.

mucì’ci ha lasciate a mucì’ drénto càsa, siamo costrette ad ammuffire dentro casa; lat. mùccidus, nel senso di ammuffire, essere vicino alla putrefazione.

mulì’cun ‘sse paròle, adè’, ce poj ‘ndà’ al mulì’, sono parole che non servono a nulla, le sole parole valgono poco – chi va al mulì’ se nfarìna, chi va in cerca di guai, poi non deve lamentarsi quando li trova; lat. t. molìnum.

muligòttoun muligòtto de pa’, un pezzo, un tozzo di pane spesso adoperato per adescare uccelli o come esca all’amo; lat. volg. mollìca con suff. accr.

murì’a pagà’ e a murì’ viène sèmpre in  tèmpo, due necessità per le quali non vale proprio la pena di affrettarsi – te pàgo a bàbbo mòrto, ti pagherò più in là, il più tardi possibile – chi nun po’ campà’, che mòra, detto in riferimento a chi non ha più speranza di vita e per il quale la morte sarebbe una liberazione; lat. volg. morìre < lat. arc. morìri.

some tiène el mùso, ce l’ha con me – o mùso da ca’, faccia da cane, brutta – fàtte da’ dô sòldi de mùso pìsto; se nun ce l’ha fattelo pistà’, pesce d’aprile tra ragazzi, far fare a qualcuno una richiesta impossibile da soddisfare, tipo: vàmme a comprà’ dièci lìre de òjo de gómito, che, si sa, non esiste; lat. t. sum.

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