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Rewind. Charlie Hebdo, l’estremo sfregio a colpi di retorica

Internet

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Per dare un contributo alla riflessione  pubblichiamo un articolo del 2014 di MicroMega

di Marco d’Eramo

Non bastava l’esecuzione collettiva, ci voleva anche l’estremo sfregio. Dopo che le loro persone sono state sterminate, ora viene massacrata anche la loro visione del mondo, viene strumentalizzato e manipolato il loro messaggio, viene insultata la loro memoria.

Parlo dei disegnatori e dei giornalisti di Charlie Hebdo, un settimanale che ha forgiato la cultura politica di un’intera generazione, la mia, che è cresciuta a pane e Charlie. Il settimanale aveva molti difetti e ha commesso molti errori, ma di certo un peccato gli è sempre stato estraneo ed è quello della retorica trombonesca. Ed invece ora lo stanno seppellendo sotto una montagna di frasi fatte, di buoni sentimenti e di ipocrisia.

Un giornale che faceva dell’irriverenza, della bestemmia, dell’imprecazione, della provocazione la sua bandiera, un giornale che si piccava di non risparmiare niente e nessuno, ora viene tumulato sotto gli elogi di una chiesa cattolica e di un pontefice che sfotteva (nelle sue pagine sono innumerevoli i più fantasiosi rapporti sessuali tra Gesù e Maddalena, per non parlare delle perversioni che attribuiva alla Madonna e ai vari pontefici). Persino il tirannico Vladimir Putin, elogia come martiri della libertà coloro che lo sbeffeggiavano con violenza inaudita. Per non parlare di quel Barack Obama che non si peritavano di prendere per i fondelli.

Da ieri soggiornare in Francia, come mi capita, è un’esperienza allucinante. I “valori repubblicani” vengono sbandierati, strombazzati e spalmati nei media fino a divenire una gelatina disgustosa se si pensa a tutte le vignette feroci che i Wolinski e i Cabu avevano dedicato a Marianna, il simbolo della repubblica (e del repubblicanismo) francese: quando ancora si chiamava Hara-Kiri, fu chiuso per un titolo “irriverente” sulla morte di De Gaulle: una settimana dopo al suo posto veniva fondato Charlie Hebdo. Oggi questi paladini del ridicolo, questi eroi del salace e del grottesco sono mortificati dai minuti di silenzio, dalle bandiere a mezz’asta, dalle luci della Torre Eiffel spente: viene voglia di chiedere un’aspettativa dal pianeta terra.

Ma il peggio ci giunge dai politicanti di turno, i presidenti di ieri e di oggi, i Nicholas Sarkozy, i François Hollande, uomini senza nerbo, senza ironia, pieni solo di vanità, fustigati senza sosta e senza pietà da Charlie Hebdo, e che ora approfittano di questa strage per portare alla luce del sole un progetto che era nelle cose da anni, e cioè, in nome della lotta al terrorismo, varare apertamente una politica di “unità nazionale”, una gestione “bipartisan”, una Grosse Koalition subalterna alla Germania di Angela Merkel, oltre che naturalmente rendere ancora più poliziesco uno stato che già stava rotolando su quella china.

Fino al ridicolo di Matteo Renzi che proprio nei giorni della “manina” sul disegno di legge al 3%, scimmiotta il John Kennedy di “Ich bin ein Berliner” con un civettuolo “siamo tutti francesi”.

Decisamente non c’era funerale più indegno che una giornata di lutto nazionale per un gruppo che aveva fatto della dissacrazione la sua missione di vita e che per questa missione ha pagato con la vita.

P.S. Sul versante opposto è altrettanto vergognoso il commento apparso a caldo sul Financial Times, a firma del suo responsabile per l’Europa Tony Barber, e che in sostanza lasciava intendere che Charlie Hebdo “se l’era cercata” (in una versione successiva, rivista e corretta, il giudizio diventa: “… Questo non è affatto per scusare gli assassini, che vanno presi e puniti, o per suggerire che la libertà di espressione dovrebbe non estendersi a ritratti satirici della religione. E’ solo per dire che un po’ di buon senso sarebbe utile a pubblicazioni come Charlie Hebdo e il danese Jyllands-Posten che pretendono di segnare un punto per la libertà quando provocano i musulmani”. Peccato che il Financial Times non abbia esortato anche gli Stati uniti a un po’ più di buon senso in politica internazionale commentando a caldo l’’11 settembre 2001.

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