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Porto Recanati. Tipicità e sagre fittizie. Confusione negli odori e sapori nel salotto buono.

Foto da internet

 

Come ogni anno si ripropongono le sagre che si assomigliano l’una con l’altra. Quest’anno si è raggiunto il pieno con idee che rasentano la comicità e lo sberleffo.  La  tipicità è un valore inestimabile per un territorio, la necessità di diffondere la tipicità come valore della propria identità sociale e culturale confligge  con quello che vediamo proposto  nel  nostro salotto buono.   Di sagre vere , manifestazioni radicate in un territorio, legate ad uno o più prodotti tipici o quantomeno a metodi di preparazione e di locali che offrano le più elementari garanzie di qualità non ne abbiamo prova.

TIPICITÀ’ COSA SIGNIFICA? una località, una comunità che trova orgoglio nelle proprie origini, nella forza della sua economia, nella sua “tipicità” appunto.

Ecco il problema, le sagre, i locali caratteristici dovrebbero essere l’appuntamento che più si avvicina a far scoprire, soprattutto ai “turisti”, la nostra cucina tipica ma oramai di tipico sono rimasti solo i menù stampati. Negli ultimi anni il turismo enogastronomico in Italia si è fortemente sviluppato, rendendo finalmente il giusto valore all’incredibile risorsa culturale che i prodotti tipici del nostro Paese rappresentano. Secondo la Coldiretti quest’anno, complice anche la crisi economica, molti sono i vacanzieri che hanno optato per le gite fuori porta e per le sagre paesane: si tratterebbe di più di un italiano su tre con un volume d’affari di 350 milioni di euro, scaturito da circa 18 mila eventi sul territorio nazionale, pari a una media di 250 appuntamenti al giorno, cifra che sale a quasi mille nel periodo estivo.

da Internet

da Internet

Purtroppo però questa realtà ha avuto e sta avendo sempre più anche il suo riscontro negativo. Perché successivamente a questo boom del settore sono fiorite anche moltissime sagre fittizie, messe in piedi con la vendita di prodotti facilmente reperibili, che in molti casi hanno ben poco di tipico e tradizionale per il luogo in cui sono commercializzati; oppure con la preparazione di piatti alla portata di tutti, ma realizzati con ricette e ingredienti di scarsa qualità. Quante sono le sagre della pizza, della birra, della castagna, della bruschetta, della lasagna…..?

Ecco allora che la sagra non è più quel piccolo evento attorno al quale riunirsi, socializzare e conoscere quelli che sono i tesori più o meno nascosti dell’Italia; perché la sagra è svilita, sfibrata, svuotata di significato. Come afferma giustamente Michele Corti, ruralista e docente di zootecnia montana all’Università degli Studi di Milano, Il dilagare di sagre tarocche danneggia l’immagine delle centinaia di manifestazioni che, in tutta Italia, offrono al gastronauta ortaggi, prodotti ittici, formaggi artigianali, insaccati disponibili al consumo solo in occasione della sagra, ottenuti con metodologie antiche usualmente non più utilizzabili.

Non solo: moltissime sono le proteste da parte degli esercizi pubblici e dei ristoratori che si vedono scavalcati, per due o tre mesi l’anno, dall’incredibile numero di manifestazioni gastronomiche abusive agevolate (purtroppo) dalla mancanza di una legge più rigorosa e dalla carenza di verifiche e limitazioni. In numerosi casi la Confcommercio si è fatta portavoce del problema parlando di un fenomeno dilagante, il cui scopo sarebbe esclusivamente il guadagno e che, oltretutto, non sarebbe sottoposto a controlli regolari da parte di Asl, Nas, Inail e Inps.  Ci domandiamo se esiste a Porto Recanati un regolamento. Chi deve controllare o far eseguire i controlli?

Infine non bisogna dimenticare lo stato di degrado del  luogo usato per queste manifestazioni, il complesso della ex scuola Diaz . Luogo centrale e di alto valore culturale e simbolico (Ex scuola, ex cinema) va  salvaguardato  e  rafforzato. Di fronte alla vera e propria strage di questi spazi, alla loro trasformazione in sale da gioco, centri commerciali e quant’altro, è necessario  un regolamento o norma che impedisca il cambio di destinazione d’uso e come per  tutti i luoghi della cultura, della conoscenza e dell’arte si preveda  che la gestione di questi luoghi sia affidata in maniera pubblica e trasparente alle forze culturali, sociali e professionali del territorio sulla base di progetti di lavoro culturale stabile e permanente. Lanciamo  l’hashtag  #riprendiamociladiaz.

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