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“Marche, un’isola felice alla deriva” Il discorso-sferzata del Pg Macrì

di Daniele Carotti, da Il Corriere Adriatico

ANCONA - Matteo Carretta (CORRIERE ADRIATICO)

ANCONA – Matteo Carretta (CORRIERE ADRIATICO)

ANCONA – Anche nelle Marche la criminalità organizzata ha messo radici. L’isola felice, un’illusione abbandonata già da qualche anno, “è andata ormai alla deriva, molto lontano”. Parole del procuratore generale Vincenzo Macrì che, aprendo l’anno giudiziario ad Ancona, ha lamentato un “forte deterioramento di ordine pubblico e sicurezza negli ultimi cinque anni” e ha messo la regione davanti a un doppio rischio. Da un lato, i tentacoli della criminalità organizzata di varia provenienza e natura che cerca di infiltrarsi, saldarsi con quella economica, operando in silenzio; dall’altro, i reati dei cosiddetti “colletti bianchi” esemplificati dal dissesto di Banca Marche, una vicenda sottovalutata (su cui indaga la procura di Ancona), che ha causato danni e altri ne provocherà all’economia marchigiana. La sferzata di Macrì sul dissesto di Bm non ha risparmiato nessuno: “L’attenzione di stampa – ha tuonato -, opinione pubblica, organi istituzionali e politici, non è stata all’altezza di questo disastro così grave”. E prendendo in prestito una frase degli ex commissari della banca nella citazione civile contro ex amministratori e società di rating, ha aggiunto: “E’ il più grave disastro bancario mai avvenuto in Italia dopo quelli di Sindona e di Calvi”. Un dissesto che ha portato “problemi economici e di sviluppo della regione e ne porterà ancora”, considerando anche il fallimentare aumento di capitale del 2012 da 270 milioni di euro “andati perduti” anche per pecche di Banca d’Italia che non avrebbe fornito alla Consob informazioni sullo stato reale dei conti di Bm.

Sull’altro fronte, Macrì ha parlato della presenza di gang che commettono reati comuni in forma organizzata (droga, frodi informatiche, sfruttamento della prostituzione) e di tentativi di infiltrazione di sodalizi legati a soggetti appartenenti o contigui ad associazioni mafiose. Gruppi che operano in modo silenzioso, senza omicidi o sequestri, accaparrandosi appalti pubblici, riciclando denaro e facendo illecita concorrenza. Una «realtà sommersa ampia e minacciosa» ha detto il Pg, estendendo il concetto al terrorismo islamico. Ma, a volte, il crimine organizzato fa rumore come dimostra l’impennata di reati ‘spià come usura (+74%) ed estorsioni (+18%). Macrì ha ricordato i sequestri per 150 milioni di euro condotti dalla magistratura, ma ha richiamato uffici giudiziari e Polizia giudiziaria a fare anche di più. Un indice di quanto le Marche siano cambiate in peggio viene dal numero di magistrati sotto scorta: se cinque anni fa nessuno era sottoposto a misure di protezione per minacce e intimidazioni, attualmente sono in dieci ad esserlo. E c’è un’altra battaglia da combattere, segnalata con il ricorso a slide proiettate su un maxi-schermo dal presidente della Corte d’appello Carmelo Marino: quella delle cause civili “lumaca”: una su tre (11.023, il 34%) supera la durata ragionevole del processo (sei anni secondo la Legge Pinto: tre per il primo grado, due per l’appello e uno per la Cassazione). I danni sono sia per i cittadini che per lo Stato, che rischia di dover sborsare risarcimenti consistenti. Gli uffici, nonostante la carenza di organici amministrativi e anche di giudici, cercano di reagire puntando sul ‘modello marchigianò: dal progetto con un software che taglia file in udienza al processo civile telematico, dall’ufficio per il processo con impiego di cancellieri e tirocinanti che affiancano i magistrati, alla riforma delle sezioni civili di secondo grado. Il prossimo anno i giudici d’appello (il 49% delle cause va oltre i due anni) dovranno emettere 174 sentenze a testa e quelli ausiliari 80.

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