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Jim Messina chi? Referendum: nell’incontro tra Jim Messina e i renziani definito il ruolo anche per Alfano: “Fai i Moderati per il sì”

Jim Messina Internet

Jim Messina Internet

Alessandro De Angelis – huffingtonpost

La notizia non è tanto la frase in sé di Angelino Alfano: “Io sposo in pieno l’idea di aggregare tutti i moderati per il sì e di fare una riunione dei parlamentari per il sì, quelli che non sono del Pd, già prima della pausa estiva se sarà possibile. La notizia è come e dove nasce l’idea di fare i “comitati per il sì al referendum” di tutti i “moderati, liberali, popolari che sono fuori dal Pd”. Insomma, i Moderati per il SI. L’idea nasce in una delle riunioni a Palazzo Chigi con il guro, Jim Messina. Oltre al premier, tra gli altri, ci sono Lotti, un funzionario di palazzo Chigi, il capogruppo Rosato.

Messa a punto la “spersonalizzazione” del referendum che prevede che Renzi e la Boschi si inabissino come dei sommergibili, vengono affidate regole di ingaggio a più soggetti. Tra questi ci sono i centristi. E se Verdini è l’organizzatore del nuovo gruppone di centro, ma che deve stare nell’ombra perché si rischia l’effetto bacio della morte, per l’ex delfino senza quid di Berlusconi invece viene stabilito il compito di parlare ai moderati e di coinvolgere, a favore del sì, i vertici del Ppe, da Manfred Weber, capogruppo in Europa a Joseph Daul, il presidente del Ppe. Endorsement utili agli occhi dell’elettorato moderato verso cui è partita la caccia.

Ed è una regola d’ingaggio che Alfano accetta volentieri, quando poi parla con Renzi, per tante ragioni di strategia politica. Ma l’accetta anche non celando un modo di fastidio verso Stefano Parisi. Il quale, nel corso della campagna elettorale aveva assicurato a lui e a Lupi: “Non dirò ora cosa voto al referendum perché aspetto di diventare sindaco per dire che voto sì”. Poi il no, anche se tiepido, una volta indicato da Berlusconi come “amministratore delegato di Forza Italia”. Si spiega così anche la freddezza con cui Alfano ha parlato della leadership di Parisi: “Ora si tratta di una vicenda interna a FI, se il progetto sarà più ampio il consiglio è di sottoporsi a un metodo democratico perché una designazione unilaterale è revocabile unilateralmente, dettata dalla base non è più revocabile”. Ecco: è un modo per marcare le distanze nominare quelle primarie che a Milano non furono fatte per candidare Parisi e che, ad Arcore, come sa bene il ministro dell’Interno suonano come una bestemmia.

Al fondo c’è l’idea che, in questa fase, l’orizzonte strategico è Renzi e i comitati del sì. Gli avversari di Angelino dentro Ncd la mettono così: “Non c’è una strategia politica. Se vince il sì resta con Renzi, se vince il no apre a Parisi”. E ora arriveranno i comitati e gli endorsement del Ppe.

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