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Referendum, dem in difficoltà: stimate solo 300mila firme su 500mila

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Andrea Carugati – L’Huffington Post

Dopo la botta delle comunali, nel Pd circola un altro cattivo pensiero: e riguarda il rischio di non riuscire a raccogliere le 500mila firme per il referendum costituzionale di ottobre. La campagna, partita il 21 maggio con il Referendum Day, con tutti i big della maggioranza renziana schierati nelle centinaia di banchetti in tutta Italia, sta vivendo un momento di stanca. E la data limite del 13 luglio per la consegna delle firme in Cassazione si avvicina rapidamente. Fonti Pd spiegano che il 10 luglio la raccolta si interromperà per poter poi procedere al vaglio delle firme e relativi controlli.

Dunque mancano meno di dieci giorni, e sono giorni di grande caldo. E nessuna della grandi federazioni ha ancora raggiunto i target fissati al Nazareno: l’Emilia-Romagna è poco sopra le 30mila con un obiettivo a 45mila; la Lombardia è attorno alle 30mila con un obiettivo di 50mila. Molto peggio regioni come Piemonte e Veneto. Nella prima pesa la botta di Torino, dove pochi tra i dem- dopo una campagna elettorale durissima e una sconfitta cocente- hanno voglia di ritornare nelle strade a metterci la faccia. “Alcuni di noi ci hanno provato sabato scorso- racconta un parlamentare- Ma la gente ci faceva domande solo sulle elezioni comunali. In due ore abbiamo raccolto una ventina di firme”. Risultato: ad oggi il bottino in regione non arriva alle 5mila firme, con un target di dieci volte superiore.

In Veneto, regione dove il Pd è senza guida da alcuni mesi, le indiscrezioni parlano di 5mila firme raccolte (1000 a Venezia), quando solo gli iscritti sono 14mila. A Napoli e Roma la campagna praticamente non è ancora partita, in Sicilia i parlamentari parlano di 10mila firme raccolte su 30mila previste. Dalla renzianissima Toscana non arrivano dati ufficiali, ma il segretario regionale Dario Parrini assicura che “raggiungeremo il target previsto”. Stesso discorso per l’emiliano Paolo Calvano che si dice “ottimista” sulla riuscita della raccolta. In Puglia, pesa la freddezza verso il referendum del governatore Michele Emiliano, vero big del Pd in regione. C’è poi il caso di Modena, dove le firme per il sì sono circa 3mila, mentre quelle per il no- raccolte dal Comitato guidato da Alessandro Pace e Alfiero Grandi e ci cui fa parte anche l’Anpi- sono circa il doppio. Il No non fornisce numeri nazionali sulla raccolta. Ma anche tra le loro fila c’è chi teme che quota 500mila non sarà raggiunta. Del resto, le firme non sono necessarie. Grazie a quelle già raccolte tra i parlamentari le urne ad ottobre si apriranno in ogni caso: la raccolta doveva servire alle truppe renziane e a quelle a lui contrapposte per mobilitare i cittadini in vista della battaglia d’autunno. Ma, ad oggi, complice la campagna per le comunali e la disaffezione dei cittadini che si è manifestata con un astensionismo record alle comunali, la sfida referendaria non sembra scaldare i cittadini.

Al Nazareno nessuno fornisce cifre ufficiali. “Dati in linea con le previsioni”, spiega Lorenzo Guerini, che ricorda come oltre ai dem ci siano anche altri partiti e comitati impegnati nella raccolta. “Non inventiamoci ciclicamente una polemica che non c’è. Prima è stata la polemica per gli iscritti e poi è stata smentita, ora il referendum. Usiamo le nostre energie per fare le cose e non per far polemica”. Tra i parlamentari Pd circola con insistenza la cifra di 300mila firme già raccolte, che al Nazareno non viene né confermata né smentita, ma che agli occhi dei deputati della minoranza appare “troppo ottimistica”. Anche tra i renziani, sotto anonimato, circola una certa preoccupazione. “Raccogliere le firme non serviva, è stata una ‘renzata’ per mobilitare le truppe ma ora rischia di essere un boomerang”, spiega uno di loro. Nico Stumpo, già uomo macchina della Ditta, la mette giù così: “Il rischio è di fare come quei partiti che raccolgono le firme per candidarsi alle elezioni anche se potrebbero farne a meno per legge. Poi le raccolgono e ci si accorge che qualche modulo è sbagliato e il partito resta fuori…”. Attorno a lui, in un piccolo capannello in Transatlantico, sorridono amari alcuni renziani. E ammettono: “Qui si rischia di fare una figuraccia…”. In queste ore i vertici del partito stanno premendo sui parlamentari e sui segretari locali con mail e sms per spingerli nel rush finale, che avrà il suo clou nel prossimo fine settimana. Lettere e sms che arrivano anche ai singoli iscritti. Ma il clima, atmosferico e politico, non aiuta. “A Milano durante la campagna elettorale ci siamo ben guardati dal parlare di referendum”, spiega un deputato lombardo. “Ora abbiamo alcuni giorni per metterci in moto, ma non sarà semplice”. La minoranza, come già aveva fatto il 21 maggio, ribadisce la linea “né aderire né sabotare”. E conferma che non farà nessun banchetto. Ai vertici del partito l’accusa ai bersaniani è di diffondere disfattismo.” Non siamo preoccupati per le firme, semmai siamo occupati a raccoglierle”, dice Ettore Rosato, capogruppo alla Camera, che accusa: “ C’è chi nella minoranza mostra preoccupazione per la raccolta delle firme per il referendum, ma in realtà è preoccupato esattamente del contrario e cioè che si riesca raccoglierle”. Anche le firme alimentano dunque la polemica tra le due anime dem, che si scontreranno il 4 luglio alla direzione dove Renzi dovrà spiegare la linea dei prossimi mesi. In quell’occasione, spiegano fonti parlamentari, il premier-segretario potrebbe mettere mano ad alcuni commissariamenti nelle aree più sofferenti per il partito: a partire dal Veneto dove il segretario regionale è dimissionario da mesi, e poi le federazione di Napoli, Grosseto e Cosenza dove le elezioni sono andate molto male. C’è poi il caso della Sardegna, dove il segretario Renato Soru si è dimesso dopo una condanna in primo grado, e i commissariamenti a Roma e in Liguria che durano da molto tempo.

Al dunque, a metà luglio, entrambi i comitati per il sì e per il no rischiano di fallire l’obiettivo delle 500mila firme. Confermando che gli italiani non paiono ad oggi molto coinvolti dal referendum costituzionale. Per Renzi sarebbe senza dubbio un cattivo presagio per la sfida di ottobre sulla Costituzione, “madre di tutte le riforme”.

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