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Leopardi. La quarta donna: la contessa Antonia della Torre

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Continuando queste affascinanti curiosità, vi racconto adesso di una tale Contessa Antonia della Torre, cugina di Giacomo e quarta donna di questa piccola serie.

In verità non c’è molto da dire ma è giusto segnalare le poche notizie che di essa si possiedono. Sembra, secondo alcuni biografi, che sia costei la donna che la Sera del dì di festa dormì a palazzo Leopardi, inconsapevole totalmente di aver, in certo qual modo, ferito al cuore il nostro Leo (un po’ come era successo con la cugina Gertrude, suo primo amore). È risaputo che egli andava spesso in casa della Torre e si metteva accanto alla bella cugina in silenzio. Non era molto ben vestito e si soffiava spesso il naso con un fazzoletto molto modesto. Appena sopraggiungeva qualche altro ospite, egli si affrettava ad allontanarsi timoroso e quel fazzoletto assumeva un ruolo che non gli era proprio: lo infilava nel taschino…
Poiché questo aneddoto è brevissimo mi permetto di aggiungere qualche piccola riflessione. Mi pare di poter osservare come, da tutti i raccontini fin qui fatti, emerga la figura di un uomo timido, introverso, ma passionale, con una eccezionale ricchezza interiore che quasi gli implodeva dentro e che non riusciva a manifestare appieno all’esterno. Un uomo che avrebbe voluto, con tutte le sue forze, superare la timidezza ma ancor più, forse, la consapevolezza della propria deformità; fatto questo, che lo portava ad escludere in partenza un eventuale successo… A tutto questo si aggiunga il grande, grandissimo pudore dei propri sentimenti, dovuto in parte all’educazione restrittiva e si avrà la figura di un uomo-ragazzo con tanta voglia di esplodere, di gioire, di godere la vita… Ma, soprattutto, di essere compreso nel suo essere più profondo.
Forse le donne, come succede anche oggi molto spesso, erano attirate sulle prime dalla bellezza dei suoi versi e, umanamente, anche dalla pensosità, dalla ritrosia, dagli occhi che temono l’incontro con altri, dalla timidezza: tutte “qualità” che rendono un uomo interessante e fascinoso agli occhi di signore “di cervello” oltre che di cuore… Ma poi, l’estetica, evidentemente, vinceva su tutto… e l’incoraggiamento che egli certo aspettava da loro, veniva bloccato sul nascere. Almeno questa è la mia impressione.. Se vogliamo attualizzare, possiamo discuterne: oggi quanto conta il fattore estetico?
Grazie di nuovo per leggermi fino in fondo…

 

La quinta donna: Ferdinanda Leopardi Melchiorri

 

E’ tempo adesso di parlarvi di una donna assai importante nella vita di Giacomo: Ferdinanda Leopardi in Melchiorri (chiedo venia per non averla messa per prima: quello era il posto suo…). Era l’unica sorella di Monaldo e andò sposa a sedici anni al marchese Pietro Melchiorri, discendente di una famiglia originaria di Recanati, in parte trasferita a Roma in un bellissimo palazzo detto “della Minerva”, oggi chiamato della Palombella. Ella aveva un temperamento assai simile a quello del nostro Giacomo e viveva in una docile solitudine spirituale; amante della lettura, aveva ricevuto una discreta preparazione culturale (fu mandata persino in un monastero per tre anni allo scopo di accrescere la sua educazione). Ebbe quattro figli, due maschi e due femmine. Il figlio Giuseppe divenne un amico affettuosissimo di Giacomo. Durante l’adolescenza e la giovinezza, quando Giacomo si sentiva molto abbattuto e depresso, Ferdinanda iniziò a scrivergli lettere dense di affetto e di comprensione; si potrebbe dire che Giacomo trovò in lei ciò che avrebbe dovuto trovare in sua madre, purtroppo chiusa nel suo carattere freddo e introverso e troppo occupata a risanare il patrimonio. Il cuore di Ferdinanda era soave quanto quello di Giacomo, la sua intelligenza e la sua comprensione erano grandissime e tutto cercò di mettere in atto per consolare l’infelice nipote. “Allorché trattasi di far palese il cuor mio ad un cuor sensibile e ben fatto, e del quale fo assolutamente stima, non duro alcuna fatica, e i miei sentimenti escono dal cuore, vanno alla penna, alla carta, come un vaso di acqua posto in pendenza verso ciò che contiene entro se stesso”. In tal modo l’anima di questa quinta donna era vicina a quella di Leopardi. Ella rispondeva alle obiezioni e alle osservazioni che lui andava facendo intorno all’esistenza e volle persuaderlo a ritrovare la fede nel suo Signore, a sopportare le sue sofferenze: solo così avrebbe trovato la pace, almeno un certo sentore di pace. Si dette molto da fare per far sì che il nipote potesse andare a Roma e interessò, a questo scopo, anche il card. Consalvi, ma invano. Nel 1822, pochi mesi prima che Giacomo ottenesse finalmente il permesso di andare a Roma, ella morì.

(da: Leopardi in blog. Testi, pretesti e attualizzazioni in 100 post, prefazione di G. Trapanese, Cleup, Padova 2010.)

Vi aspetto per i prossimi (e ultimi) racconti di questa serie…

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