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Brexit, Romano Prodi: “Austerità tedesca sta rovinando l’Ue”

Prodi . Internet

Prodi . Internet

L’Huffington Post

“La politica europea dell’austerità tedesca sta rovinando l’Ue”. È il giudizio di Romano Prodi sui ‘responsabili’ della Brexit, espresso durante un’intervista a Voci del mattino, su Radio1 Rai. Per l’ex presidente del Consiglio, “alla base di tutto c’è stata una scelta sbagliata” del premier britannico David Cameron, che ha impostato il referendum “solo per interessi personali”. Per l’ex presidente della Commissione Ue, i cittadini del Regno Unito hanno respinto l’idea di “un’Europa ferma, che rinvia le decisioni e non si occupa di capire le tensioni e i problemi delle popolazioni dei singoli stati”.

“L’esito del referendum britannico – afferma Prodi – è indubbiamente clamoroso ma io oggi dico: calma e gesso. La riflessione importante da fare è che le classi abbienti hanno votato per il Remain e le classi povere invece per il Leave. Nel mondo, non solo in Inghilterra, le proteste si stanno condensando nei ceti che soffrono per la globalizzazione e l’Europa è vista come una parte di questo processo”.

“Stiamo attuando una politica economica non inclusiva e questo dà linfa ai partiti populisti, che infatti stanno facendo proseliti in Italia, Francia, Spagna e nella stessa Germania. Nel caso inglese, tale malcontento si è espresso nella rabbia verso l’Europa. Certo, alla base di tutto c’è stata una scelta sbagliata di Cameron, anche se avesse prevalso il Remain. Indire un referendum ha indebolito la posizione della Gran Bretagna a Bruxelles, ha confuso gli elettori, ha mostrato chiaramente come fosse soltanto una mossa strategica per restare al comando del governo britannico. E l’insieme di questi elementi ha fatto sì che quello di ieri fosse un voto anti Europa ma anche anti Cameron. Il referendum è stato impostato da Cameron solo per interessi personali. E in questo senso, si potrebbe dire: ben gli sta”.

Prodi aggiunge di essere personalmente “rimasto sdegnato dalle trattative svoltesi fra l’Europa e la Gran Bretagna per scongiurare la Brexit. Il governo britannico veniva autorizzato a stare fuori da ogni progresso che l’Unione avrebbe compiuto, configurando pertanto una Europa a due velocità, cambiando la stessa natura dell’Unione. D’altronde – prosegue l’ex presidente del Consiglio – i referendum spesso hanno valenze politiche ben diverse da quelle che si evincerebbero dai quesiti posti agli elettori. In Francia, quando venne bocciata la costituzione europea, in realtà incise molto l’atteggiamento anti Chirac, che all’epoca era al governo del Paese. Ma quella britannica se vogliamo è anche una bocciatura dell’idea stessa di Europa così com’è, perché la gente se vede un’Europa ferma, che rinvia le decisioni, che non si occupa di capire le tensioni e i problemi delle popolazioni dei singoli stati, inevitabilmente, si allontana. Da anni ormai diciamo che questa politica europea dell’austerità tedesca non ci piace e sta rovinando l’Unione”.

Prodi conclude: “la bocciatura britannica dimostra come questo malessere sia radicato non nei centri delle città, ma nelle periferie, dove appunto si soffre questa paralisi europea. La decisione britannica – spiega l’ex premier – potrebbe avere anche forti conseguenze interne, visto che in Scozia e Irlanda del Nord la vittoria del sì all’Europa ha assunto dimensioni cosi elevate da far pensare che possa fungere da trampolino per rivendicazioni autonomiste. Rivendicazioni che potrebbero coinvolgere anche altre realtà europee, come la Catalogna in Spagna”.

Mario Monti, intervistato da Radio anch’io su Radiorai, accusa Cameron di “abuso di democrazia”:

“Cameron ha compiuto un abuso di democrazia. Il referendum è stato convocato non per l’interesse generale dell’Ue o del Regno Unito o anche del Partito Conservatore, ma nell’interesse proprio all’interno del Partito Conservatore. Un uso egoistico dello strumento democratico che gli è esploso in mano, gli ha fatto perdere tutto, come è giusto”. “Ci vuole più serietà – prosegue Monti – tra le autorità nazionali e quelle europee. Cameron ha fatto in massimo grado ciò che fanno altri capi di governo: stanno in Europa pensando ai sondaggi e alle questioni interne, ma così l’Europa si spacca”. “Io da presidente del Consiglio – ricorda Monti – quando ho preso delle decisioni come quella sulle pensioni, non ho mai detto ‘lo dobbiamo fare perché l’Europa ce lo chiede’. Oggi nessun Parlamento nazionale – conclude – è in grado di decidere per il bene del proprio Paese su questioni che richiedono la cooperazione internazionale. Su questo ci sono anche dei miti”.

Un’analisi su cui concorda anche l’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, secondo cui “promuovere il referendum è stato incauto”:

“È stato incauto promuovere questo referendum e affidare a un no o a un sì problemi tanto complessi. Hanno quindi prevalso elementi emotivi” come le preoccupazioni legate al problema dell’immigrazione. “È un colpo molto duro – aggiunge Napolitano – con elementi di destabilizzazione economica e politica”. L’ex presidente della Repubblica contesta la tesi che il referendum rappresenti di per sé un momento di democrazia: “La democrazia, innanzitutto, e la Gran Bretagna ce lo ha insegnato già da secoli, è il popolo che si esprime anche affidando ai rappresentanti le scelte e le decisioni. Sono i Parlamenti eletti che lavorano sotto il controllo dell’opinione pubblica. I referendum sono strumenti e nella nostra Costituzione non possono essere convocati sui trattati internazionali, perché temi così complessi non possono essere affidati a un voto superficiale e impulsivo”.

L’ex premier Enrico Letta invita tutti ad “allacciare le cinture di sicurezza”:

“I britannici hanno scelto e va accettata la decisione. Ma le conseguenze saranno pensanti. Si apre una fase di incertezza giuridica, perché l’applicazione dell’articolo 50 del trattato di Lisbona è inedita e complicata”. Secondo Letta, “si apre anche una fase di instabilità politica e di difficoltà economiche. Bisogna allacciare le cinture di sicurezza. Ora è il momento per le leadership dei Paesi dell’Europa continentale di reagire all’altezza della sfida. La reazione deve essere politica e alta”.

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