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Anpi, Animali resta coordinatore Marche ‘Impegnati per il ‘no’ alla riforma costituzionale’. Comitati. Lettera al governo diritto alla raccolta firme

Ansa

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Leonardo Animali è stato confermato coordinatore regionale dell’Anpi delle Marche, con il voto unanime del nuovo coordinamento regionale dell’Associazione nazionale partigiani. “Sono queste settimane di grande mobilitazione e di impegno per la nostra associazione – afferma Animali – per la raccolta delle firme per il referendum costituzionale e per la legge elettorale. Ringrazio quanti in ogni realtà cittadina con impegno si stanno spendendo nelle piazze per la raccolta delle firme”.

Comitato per la libertà di voto

Signor Presidente del Consiglio, Signor Ministro dell’Interno, Signora Ministro delle Riforme,

Internet

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Nella nostra qualità di Presidenti del “Comitato per il No nella riforma costituzionale”, del “Comitato per l’abrogazione di due norme dell’Italicum” e di rappresentanti del “Comitato per la libertà di voto”, esponiamo quanto segue, al fine di un intervento urgente da parte del Governo per la rimozione degli ostacoli che compromettono il diritto dei cittadini di partecipare effettivamente alla vita politica con specifico riguardo a quanto previsto dal secondo comma dell’articolo 138 della Costituzione. Si tratta di gravi carenze ordinamentali che si concentrano nella fase iniziale del procedimento relativa alla raccolta delle firme. L’onere posto dalla legge n. 352 del 1970 di raccogliere le sottoscrizioni in presenza di un autenticatore che rivesta l’incarico di pubblico ufficiale, in assenza di un adeguato servizio pubblico di autenticazione da parte dello Stato (la disponibilità essendo rimessa alla scelta personale delle categorie abilitate)1 , rende di per sé la raccolta delle 500 mila firme proibitiva per i promotori che non dispongano di una propria rete di consiglieri comunali e provinciali diffusa in tutto il Paese. Peraltro, a seguito degli ultimi interventi legislativi, la platea degli amministratori locali – potenziali autenticatori – è di gran lunga diminuita. Nei Comuni è stato infatti ridotto il numero di consiglieri e assessori, mentre nelle Province, i cui consigli non sono stati rinnovati, sono venute meno entrambe le figure, senza che fossero sostituiti dai consiglieri delle città metropolitane. Anzi il Governo, rispondendo ad una recente interrogazione parlamentare, non ha preso alcun impegno di intervento per porre rimedio almeno alla mancata previsione legislativa di attribuire alle aree metropolitane le stesse competenze delle preesistenti province in materia di autenticazione. L’unico servizio assicurato dallo Stato – ma non pubblicizzato in alcuna forma, tantomeno dalla Concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo – è quello di rendere possibile l’autenticazione delle firme all’interno degli uffici comunali, in orari molto limitati e quasi sempre ad esclusione del sabato e della domenica. D’altra parte è noto che la raccolta delle firme è efficace solo se i banchetti siano posti nelle principali piazze delle nostre città e in particolare nel fine settimana. 1 Insufficienti sono le informazioni fornite ai soggetti che rivestono la qualifica di autenticatori in merito alle facoltà che la legge riconosce loro, e sono spesso i promotori del referendum a dover faticosamente individuare gli autenticatori e ad informarli della loro qualifica. Non ci risulta neanche che siano stati fornite indicazioni organizzative da parte del Ministero dell’interno, dei Presidenti di Tribunali nonché degli enti rappresentativi di notai e giudici di pace. Laddove si rendano disponibili i cancellieri dei tribunali, qualunque Comitato promotore deve farsi carico di un costo di norma pari a 25 euro l’ora per garantirsi il servizio di autenticazione. Anche a voler considerare una media di 20 firme l’ora, ciò significa che per raccoglierne 500 mila firme i promotori dovrebbero sobbarcarsi una spesa di oltre 600 mila euro. Tale situazione in molte città limita o impedisce la raccolta delle firme. Sotto diverso profilo, la legge n 352/1970 prevede un’anacronistica e costosa procedura per l’invio e il ritiro dei moduli presso i Comuni, ponendo in capo ai promotori l’onere di recapitarli e ritirarli fisicamente anziché poter utilizzare la posta elettronica certificata. 2 Parimenti, le norme attuali prevedono l’obbligo di inserimento, all’interno del modulo, del certificato cartaceo di iscrizione nelle liste elettorali di ciascun firmatario, da richiedere al Comune in cui esso risiede. Nella prassi applicativa, tale incombenza determina l’inutilizzabilità di decine di migliaia di firme validamente raccolte a causa delle difficoltà di reperire in tempo i certificati elettorali cartacei. E’ possibile utilizzare la Pec sia per chiedere che per ricevere i certificati, questo si evince dalle normative esistenti e da una prassi ormai largamente seguita dagli uffici pubblici per atti di esazione. La possibilità di utilizzare la Pec è stata confermata anche dal sottosegretario Bubbico in risposta ad un’interrogazione parlamentare, senza però assumere l’impegno di emettere con urgenza una circolare del Ministero degli Interni per i servizi dei comuni al fine di favorirne l’attuazione in presenza di una difficoltà/resistenza dei comuni a dare attuazione a questa modalità. In definitiva, la legge n.352/1970 contiene una serie di procedure ingiustamente restrittive, arbitrarie e irragionevoli, rispetto alle quali lo Stato italiano, come noto, è già sotto giudizio dinanzi al Comitato diritti umani dell’ONU per violazione del Patto internazionale sui diritti civili e politici. Per queste ragioni, si rende indispensabile l’immediato aggiornamento della normativa risalente a 46 anni fa e il superamento delle procedure sopra descritte, anche utilizzando atti d’urgenza. In particolare, nelle more di una complessiva riforma della legge 352 del 1970, si chiede alle SS.VV. di intervenire con prontezza nei seguenti modi: • autenticazione delle sottoscrizioni: se l’obiettivo naturale, in prospettiva, è quello di consentire la sottoscrizione on-line (ad esempio mediante il sistema SPID), sin d’ora si potrebbe e dovrebbe consentire ai Comitati promotori di indicare loro stessi le persone delegate all’autenticazione delle firme sotto la propria responsabilità, comunicando preventivamente i nominativi all’istituzione prestabilita (l’ufficio centrale della Corte di Cassazione oppure il Ministero dell’Interno). Si segnala che tale sistema, già largamente diffuso negli Stati democratici che utilizzano strumenti di democrazia diretta, è stato di recente adottato dalla Repubblica di San Marino proprio a seguito di referendum popolare; • invio e ritiro dei moduli presso le segreterie comunali: consentire che entrambe tali operazioni possano avvenire tramite Pec, con evidente risparmio sia per i promotori che per la pubblica amministrazione; • richiesta e ritiro dei certificati elettorali: consentire in entrambi i casi l’utilizzo della Pec nonché la loro consegna collettiva all’Ufficio centrale per il referendum in formato digitale. 2 L’invio postale agli oltre ottomila comuni determina una spesa superiore ai 50 mila euro. Questi interventi, motivati dalla necessità e l’urgenza di rimuovere gli ostacoli esistenti per l’esercizio dei diritti politici dei cittadini, ben potrebbero essere oggetto di un decreto legge, unico strumento utile, in conseguenza della prossima scadenza del 14 luglio. 3 Ciò detto, si coglie inoltre l’occasione di sottoporre l’opportunità, se non la doverosità, di intervenire in tempo sulla legge n 352 del 1970 anche relativamente agli aspetti successivi al deposito delle richieste di referendum costituzionale. Con riguardo all’informazione da garantire ai cittadini per assicurare la libera formazione delle opinioni, si segnala l’assoluta inadeguatezza in materia di referendum della normativa esistente, ivi compresa la legge n 28/2000. Anche in questo caso, un intervento normativo che coinvolga il Parlamento si rende necessario al fine di far rientrare il nostro Paese all’interno degli standard democratici internazionali, ivi compreso quanto contenuto nel citato “Codice di buona condotta sui referendum”. In conclusione, i Comitati sono convinti che sia fondamentale assicurare che la procedura che porterà al voto garantisca effettivamente i diritti riconosciuti ai cittadini dalla Costituzione e dai trattati internazionali. Nel comunicare la nostra disponibilità ad horas per discutere quanto qui rappresentato, si resta in attesa di cortese riscontro Per il Comitato per il no al referendum costituzionale Alessandro Pace – Alfiero Grandi Per il Comitato per la libertà di voto Riccardo Magi – Mario Staderini Per il Comitato per l’abrogazione di due norme dell’Italicum Massimo Villone 3 Contestualmente, il Governo dovrebbe; a) sollecitare i Comuni ad informare la cittadinanza delle iniziative referendarie in corso e dare risalto agli uffici dove i cittadini possono firmare, ad esempio creando una pagina dedicata e un link ad essa sulle homepage dei propri siti istituzionali; b) sollecitare la RAI a trasmettere informazioni anche all’interno dei telegiornali circa le modalità per sottoscrivere i referendum presso le segreterie comunali.

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