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Incubo elezioni Usa. Michael Moore: “Trump si è spento ed è ormai fuori controllo, il prossimo presidente sarà un democratico”

Foto da internet

Foto da internet

Il regista commenta la campagna elettorale: “I repubblicani sono un partito morto, il vero rivale di Hillary è il socialista Bernie Sanders”

di ANDREW O’HEHIR

Michael Moore (ansa)Where to invade next (Cosa invadere ora) è una sorta di manifesto più che un documentario convenzionale. Riflessione sulla socialdemocrazia europea che l’autore non poteva immaginare sarebbe approdato nelle sale americane in un momento di profonda crisi dell’Europa. “È vero” ammette il regista. “Ma malgrado quel che sta succedendo, nessuno in Germania, Slovenia o Finlandia nei prossimi mesi sarà costretto a chiedere un prestito per gli studi dei figli come accade qui in America. Le cose che faccio notare nel film sono vere nonostante crisi economica e terrorismo. Gli europei sono impegnanti a conservare il loro stile di vita e fanno del loro meglio per mantenere il loro stato sociale. Anche se non è sempre facile”.

Non trova che agli americani sfugge la differenza fra Donald Trump a Marine Le Pen, cui spesso lo paragonano? Le Pen non propone tagli alle pensioni o alla spesa per l’istruzione. Semmai argomenta che, per salvaguardarle, la Francia deve allontanare i musulmani: ma questo è un altro discorso…
“In Europa c’è un consenso politico generale sul valore dello stato sociale. Anche i conservatori apprezzano certi programmi non per bontà ma per convenienza. Servono a mantenere l’ordine sociale. Se c’è assistenza sanitaria, la gente non va malata al lavoro e non contagia gli altri. Chi ha le ferie pagate torna al lavoro rigenerato. Non è buonismo liberale. Capitalismo e profitto ne traggono vantaggio”.

La presenza di Bernie Sanders in campagna elettorale le dà speranza, anche se non vincerà?
“Certo. Un socialista al centro del dibattito dei democratici! Pensi che il mese scorso, in un sondaggio fra democratici su socialismo e capitalismo, il 46 per cento degli intervistati ha espresso un giudizio positivo sul socialismo, contro il 37 per cento pro capitalismo. Le cose stanno cambiando e i giovani ne sono il motore. La mia visione politica è simile a quella di Bernie. Mi piace anche Hillary. O meglio: di lei ci sono cose che condivido e altre che mi preoccupano”

Una liberal di vecchia scuola…
“Dunque è un falco. Si è scusata per aver votato l’intervento americano in Iraq e mi piacerebbe crederle. Mi piacerebbe anche credere che non si sentirà obbligata a fare la guerra soltanto per dimostrare che una donna non ha paura di premere il grilletto. Perché questo pericolo c’è. Ma voglio pensare che Hillary scardinerà questa paura. Per il bene della pace”.

Cosa pensa della star dello show elettorale, Donald Trump?
“Dimostra quanto gli americani siano insoddisfatti del sistema bipartitico. E anche cosa vuole davvero la base elettorale del Partito Repubblicano. Ma ultimamente è meno brillante, meno simpatico. Meno utile… ”

Sì, si è spento, non trova? 
“Nei primi dibattiti parlava del sistema sanitario nazionale. Non gli piaceva George W. Bush, era schierato contro la guerra in Iraq. Voleva tassare gli hedge- fund e aveva un’idea, per quanto vaga, su come riformare il dipartimento dei Veterani di guerra. Idee perse ora che è entrato nella fase fuori controllo”

Nella sua zona, il Michigan, ha molto seguito, vero?
“Solo tra i bianchi. Le cito una statistica: nel 2016, l’81 per cento dell’elettorato sarà composto da donne, persone di colore e giovani tra i 18 e i 35 anni. Elettori che non somigliano a nessuno dei candidati che vediamo sul palco dei repubblicani. L’America non è più quella dove quei repubblicani sono cresciuti, e a cui pensano di parlare. Quando la scuola è cominciata, questo settembre, per la prima volta negli asili i bambini bianchi non sono stati la maggioranza. I repubblicani si sono alienati le donne, le persone di colore, i giovani. Senza l’81 per cento dell’elettorato, come pensano di entrare alla Casa Bianca? Non ce la faranno. Sono un partito morto”.

Il loro piano è deprimere gli elettori in modo che la maggior parte di quell’81% non si presenti, come hanno fatto nelle elezioni di MidTerm.
“Alle presidenziali questo gioco riesce meno. Anche se è vero che molti vorranno restare a casa il giorno delle elezioni. Il problema di Hillary è che non riesce ad attrarre i giovani e la gente di colore. Due delle tre componenti del blocco dei potenziali elettori democratici”.

Riuscirà a spingere al voto un numero record di donne?
“Ci deve riuscire per forza visto che avrà problemi con gli altri due gruppi. Alle primarie però la gente deve votare per chi vuole. Chi vuole Bernie, voti Bernie chi è per Hillary, voti Hillary. Chiunque avrà la D di democratico accanto al proprio nome sarà il prossimo Presidente, è una questione matematica”.

Quindi con Trump, la sinistra si sta agitando per nulla?
“Sì, dovremmo concentrarci di più su quello che va fatto. E Hillary

dovrebbe smetterla di ascoltare certi consiglieri. Non possono ripetere gli errori del 2008, quando risero di quel candidato il cui secondo nome era Hussein. Se prendono Bernie allo stesso modo, sbagliano. La gente è imprevedibili e nell’urna può succedere qualunque cosa”.

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