Tra il 1922 e il 1936 la casa del fascio ebbe sede prima in via della Stazione, oggi Valentini, nella casa di Washington Bianchi, padre del futuro prefetto Francesco Bianchi, e poi, nell’arco del ’25, nei locali del Kursaal Lido. Nel ’34 o ‘35 i fratelli Michele e Umberto Volpini vendettero il palazzo che la famiglia si era fatto costruire in puro stile liberty in corso V. Emanuele II. Acquirente, il comune di Porto Recanati per la cifra di 95 mila lire, prezzo ridotto per i locali destinati a ospitare la Casa del Fascio: praticamente i proprietari praticarono uno sconto del 50% dato che l’ufficio tecnico del comune aveva valutato in 183.074,05 lire il valore del fabbricato e dell’area circostante. C’è da credere che l’abbiano fatto in segno di buona volontà e di manifestazione di fede nel governo del duce; non si dimentichi che quelli sono gli anni del ritorno dei Volpini a cariche importanti (Michele diventa commissario prefettizio) dopo il lungo periodo di “guerra” interna al PNF contro gli Scarfiotti e i Bianchi.
Il prezzo era più che conveniente per la pubblica amministrazione che avrebbe inoltre incassato l’affitto degli spazi liberatisi al Kursaal. Il Commissario Cesare Marzetti deliberò quindi la spesa il 13 aprile 1935 decretando l’accensione di un mutuo di 100 mila lire con la Carima per farvi fronte. Dopo di che il Comune cedette i locali in affitto al Fascio, per 9 anni contro un canone di 1200 lire annue. Della cosa venne ovviamente informato il federale di Macerata Severino Ricottini, che a sua volta ne rese edotto il segretario amministrativo nazionale Giovanni Marinelli; il grande tesoriere del PNF storse il naso e scrisse al federale di Macerata che il partito giammai avrebbe dovuto pagare l’affitto di quelle stanze, bensì averne la cessione d’uso accollandosi soltanto le tasse e le imposte previste dalla legge.
Il 15 febbraio 1936 (commissario prefettizio ancora Michele Volpini, che sarà podestà dal 5 aprile successivo fino al 1943) si deliberò il pagamento di lire 18.418,25 alla ditta Chieregatti e Donesana di Milano per gli impianti di termosifoni del teatro Littorio, della Casa del Fascio e del dopolavoro fascista, emigrato pure lui a palazzo Volpini lasciando così al comune la disponibilità di altri locali per il divertimento estivo [1].
La prefettura di Macerata contestò la spesa di 10 mila lire per i lavori di sistemazione di palazzo Volpini perché, fu la sua argomentazione, si trattava di interventi a esclusivo vantaggio del Fascio e di cui il Comune non aveva alcun obbligo. Il commissario replicò rilevando che i lavori avevano aumentato il valore dell’edificio, con vantaggio per il comune; al PNF competevano solo le riparazioni ordinarie perciò il commissario del comune ripropose quanto già deliberato e la spuntò. L’inaugurazione ufficiale della nuova sede del partito avvenne nel giugno ‘36 [2].
(pagina tratta dalla biografia di Francesco Bianchi – 1900/1943 – in via di pubblicazione)
[1] La Chieregatti e Donesana fu fondata a Milano dagli ingegneri omonimi nel 1908 per la produzione di sistemi di ventilazione e riscaldamento. Ha lavorato anche per La Scala e La Fenice di Venezia. In seguito venne assorbita dal colosso CarrierSpa non più attivo dal 2014.
[2] La prefettura aveva obiettato anche sulla costruzione di una torretta, che non esisteva all’origine, ma qui si trattava di una questione politica perché il PNF nazionale aveva stabilito che in cima a ogni casa del fascio dovesse svettare una “torre littoria”, con la campana per chiamare alla partecipazione ai riti del regime.
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