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#sguardoltreiconfini Predatori di bambini: turismo e pedofilia

Il dramma dell'immigrazione

Il dramma dell’immigrazione

A cura della redazione di Reporter Associati

Il fenomeno della prostituzione infantile non è purtroppo una novità. Esistono testimonianze, risalenti addirittura al XV secolo, che indicano come questo turpe commercio ai danni di chi non può difendersi sia una costante nella storia dell’Umanità. Ai nostri giorni il dito viene puntato contro il turismo internazionale, fondatamente considerato il massimo responsabile del fatto che oltre due milioni di bambini vengano costretti a prostituirsi, di questi 500.000 vivono in Brasile e il resto soprattutto nell’Asia meridionale e orientale. Il giro d’affari di questa “nicchia” di mercato sommerso si aggira attorno ai cinque miliardi di dollari, e i “clienti” provengono dai paesi più ricchi della Terra: Stati Uniti, Germania, Giappone, Australia, Regno Unito.

Questa inqualificabile attività criminale ha assunto dimensioni globali a partire degli anni ’70, con la crescita economica dei paesi industrializzati e l’abbassamento dei costi dei biglietti aerei e le mille offerte dei tour operator globali. Così oggi, in poche ore, i turisti del sesso possono raggiungere il Brasile, la Tailandia o le Filippine, dove la miseria spinge migliaia di famiglie, spesso tratte in inganno, a cedere i propri figli agli intermediari dei bordelli delle capitali.

Sguardo oltre i confini

Sguardo oltre i confini

Le cause dell’offerta di prostituzione infantile sono da cercarsi quasi esclusivamente nella povertà.

Nella stragrande maggioranza dei casi, i bambini provengono da paesi remoti dell’entroterra. Qui sono stati comprati ai loro genitori per cifre irrisorie da intermediari che di solito dichiarano di volere il bambino per impiegarlo in città come personale domestico. Per la famiglia è una bocca in meno da sfamare e un piccolo capitale inaspettato, per il bambino il quasi sicuro approdo in pochi giorni in un bordello. Come negli altri rapporti economici Nord-Sud, quanto più povero è il paese di origine, tanto più alto è il beneficio ottenuto con l’esportazione del bambino. Nelle zone di confine tra Tailandia, Birmania e Cambogia, si è sviluppata una florida economia che si basa sui traffici di droga e di bambini destinati a rifornire le case chiuse delle note città tailandesi frequentate dal turismo internazionale.

Ma ovviamente il fenomeno della prostituzione infantile non riguarda soltanto i ricchi turisti occidentali. In Brasile, Venezuela e Colombia, esistono bande specializzate nell’acquisto o sequestro di bambine per rifornire i bordelli dei centri minerari in Amazzonia. Sui paesi arabi non si hanno notizie certe, ma è noto il traffico di bambini razziati in Sudan ed esportati come schiavi in Arabia Saudita, Marocco, Egitto. Anche i mille conflitti dell’Africa sono il pretesto per il sequestro di bambini che diventano prima schiavi sessuali dei vari eserciti, e poi, se sopravvissuti, baby-soldati.

L’Interpol sta seguendo da anni questo spaventoso fenomeno, e ha tracciato una mappa che mette in risalto i paesi di origine dei pedofili, le destinazioni privilegiate, la criminalità organizzata e l’uso dei moderni mezzi telematici, come la rete Internet, che agevolano il collegamento tra l’offerta e la domanda.

Il giornalista tedesco Dirck Schumer ha definito coloro che praticano la pedofilia all’estero “predatori di bambini”, e ha pubblicato nel 1998 un’inchiesta-choc che svela i meccanismi che portano persone dalla vita per così dire “regolare” ad essere pedofili lontano da casa. Esiste un nesso, è stato rilevato dagli esperti internazionali, tra la diffusione del turismo sessuale nel Sud del mondo e i casi di pedofilia criminale registrati ultimamente in Europa. Chi in un posto lontano da casa sa di avere diritto di vita o di morte su un bambino, “importa” a casa propria un meccanismo psicologico difficile da controllare.

Secondo dati del Governo federale tedesco, in Germania sono circa 50.000 le persone che consumano regolarmente pornografia infantile e che si recano all’estero in località dove l’offerta di questo tipo di perversione viene soddisfatta senza grossi rischi. Il noto pedofilo belga Dutroux, secondo i rapporti di polizia, si era recato in Brasile rimanendo però “deluso”. Era difficile nel paese sudamericano trovare bambine magre, pallide e bionde come piacevano al mostro, secondo la testimonianza di diverse persone che avevano ascoltato pubblicamente queste affermazioni. Se Dutroux avesse avuto altri gusti e avesse frequentato più a lungo il Brasile o la Tailandia o lo Sri Lanka, molto probabilmente non sarebbe stato mai fermato.

Nei bordelli di Pattaya o Manila, l’assistente sociale belga France Botte (autrice de “La notte dei coccodrilli”), ha intervistato baby-prostitute di 8-10 anni con i corpi martoriati dalle bruciature di sigarette o addirittura con piccole mutilazioni sessuali. In Brasile, il giro della prostituzione infantile si nutre di “meninos da rua”, i bambini di strada che a migliaia si aggirano senza fissa dimora nelle metropoli del paese. Qui è facile trovare bambine di otto anni che si prostituiscono sotto il controllo di “protettrici” dodicenni.

Questi bambini, spesso che non risultano all’anagrafe, vivono una breve vita d’inferno presto consumata da malattia e violenze, e la loro scomparsa non viene nemmeno registrata. Molto spesso l’unica via di fuga per questi piccoli è la droga dei poveri, la colla da bricolage o da calzolaio e il crack. Da rilevamenti fatti a campione in Tailandia, circa il 50% delle baby-prostitute sono state contagiate dal virus HIV ed è prassi comune che quando cominciano a farsi notare i primi sintomi della malattia, vengono eliminate senza lasciare traccia.

Negli ultimi anni la sensibilità dei paesi di provenienza dei pedofili è largamente aumentata a partire delle campagne coordinate da ECPAT (End Child Prostitution on Asian Tourism), il principale network internazionale attivo su queste problematiche. La Svezia ad esempio, ha spedito poliziotti e assistenti sociali nelle città più colpite del fenomeno in Asia.

Questo principio rivoluzionario sposta la responsabilità penale dal paese dove si commettono i reati al paese di residenza, dando una dimensione internazionale a una tipologia di crimine che difficilmente viene perseguita dove la corruzione aiuta le persone a sfuggire alle proprie responsabilità.

La Commissione Europea, che ha organizzato pochi mesi fa a Bruxelles il primo Meeting continentale riguardante la lotta alla pedofilia nel turismo, punta anche sull’informazione ritenendo che la pratica della pedofilia nei paesi terzi sia causata da problemi patologici individuali ma anche da un diffuso atteggiamento di disprezzo più o meno conscio verso le persone dei paesi più poveri. I pregiudizi negativi che descrivono tali società come caricature dove tutto è permesso a chi ha soldi, cosa peraltro realistica in più di un caso, finiscono per legittimare azioni che nessuna persona normale si azzarderebbe mai a giustificare nel proprio paese. In questo senso è rivoluzionaria la legislazione che l’Italia ha appena approvato per perseguire al rientro in patria coloro che commettono reati di pedofilia all’estero.

D’ora in poi, se ci sarà una denuncia per pedofilia contro un cittadino italiano all’estero, indipendentemente dall’esito dell’iter giudiziario locale, dovrà fare i conti con la giustizia italiana al rientro. Di difficile interpretazione sono invece i dati emersi dalla prima inchiesta sul turismo sessuale a danno dei bambini condotta dall’Unione Europea.

Stupisce il livello di informazione medio degli europei rispetto al grande riserbo, o forse pudore, che si ha verso questo argomento. Il 94% del campione di cittadini dei 15 paesi dell’UE considera moralmente inaccettabile il turismo sessuale, e il 63% ritiene che si possa evitare. Per quanto riguarda le cause dell’offerta, il 72% la collega alla povertà dei paesi del Sud del mondo, seguita dall’esistenza di reti criminali. Sulle ricette il campione si spacca, il 38% tende alla repressione mentre il 36% alla prevenzione, infine, ben il 54% del campione dichiara di essere disponibile a cambiare luogo di vacanze se scoprisse che si pratica la prostituzione infantile.

Finora sono state avviate campagne di sensibilizzazione nel Nord Europa, soprattutto sugli aerei che viaggiano in Asia e Brasile e sono stati finanziati diversi programmi di cooperazione destinati a dare una mano ai bambini strappati alle reti criminali della prostituzione. Sono state costruite ad esempio case-alloggio per accogliere i piccoli strappati alla malavita a Calcutta (India), Bogotà (Colombia), Olinda (Brasile) e Nairobi (Kenya) ma si è ancora molto lontani dal raggiungimento di risultati concreti.

Il turismo sessuale, che abbia per oggetto bambini o adulti, è una delle tante facce dello squilibrio economico mondiale che divide le persone tra “compratori” e “venditori”, anche della dignità umana.

Per ulteriori informazioni e approfondimenti:

“Associazione Italiana Turismo Responsabile” (AITR)
via E. Breda 54
20126 Milano
Tel. 02.25785763
Fax 02.2552270
E-mail: info@aitr.org

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