di Alfonso Gianni
Se voi provate a consultare il sito ufficiale dei sondaggi a cura della presidenza del Consiglio dei Ministri, trovate la seguente scrittura: “A partire dalle ore 24 di venerdì 1° aprile 2016 e fino alla chiusura dei seggi elettorali, è vietata la pubblicazione dei sondaggi ai sensi della Delibera […] Rimane salva la possibilità di consultare sul sito www.sondaggipoliticoelettorali.it i sondaggi già pubblicati e inseriti nel periodo precedente a quello del divieto, ai densi dell’articolo 7, comma 4, del medesimo Regolamento.” Tuttavia sul web e sui mass media i sondaggi, effettuati anche successivamente al primo di aprile, non smettono di circolare. Essi rilevano le intenzioni di voto sia rispetto alle elezioni amministrative che al sondaggio sulle trivelle del 17 aprile.
La differenza fra le due rilevazioni è di per sé un fatto molto interessante visto che mentre per le elezioni amministrative si prevede una diminuzione nella previsione dei votanti, in alcuni casi molto sensibile, sono tantissimi quelli che avrebbero dichiarato l’intenzione di partecipare alla votazione per il referendum del 17 aprile. Sembra cioè delinearsi un fenomeno rilevante: i cittadini profondamente delusi dal comportamento politico ed etico delle forze politiche e dei singoli esponenti, cioè di coloro che esercitano materialmente la democrazia delegata, si rivolgono direttamente alle forme della democrazia diretta, quale indubbiamente è il referendum popolare, pur essendo questo soltanto abrogativo. L’esempio delle elezioni amministrative di Roma è particolarmente indicativo. Secondo le rilevazioni recentissime di Ipsos i sondaggi prevedono un astensionismo altissimo, pari al 57,3% (in pratica sei romani su dieci non andranno a votare). Non c’è da stupirsi, visto quanto è successo nella capitale.
Per il referendum il quadro è addirittura opposto. Secondo gli ultimi sondaggi elaborati da Piepoli, il fronte dei No Triv (ovvero di quelli che voteranno Sì) è in netto vantaggio rispetto a coloro che voterebbero No per lasciare la legge così com’è: il 65% degli italiani sembra decisa a votare Sì e solo il 14% è intenzionato a votare No, mentre il 21% ancora non ha deciso o non ha un’opinione a riguardo. Il dato relativo agli indecisi può sembrare alto, ma bisogna considerare che il tema è abbastanza complesso e che finora non se n’è parlato molto. Questo però ci dice poco perché il punto è il raggiungimento o meno del quorum. Qui sta la “sorpresa”. Stando alle ultime proiezioni ben il 75% degli italiani ha manifestato la sua volontà di andare a votare; solo il 19% ha già scelto la strada dell’astensionismo, mentre il 9% deve ancora decidere. Naturalmente si tratta di elaborazioni e i numeri vanno presi con le molle, visto che un’affluenza al voto pari al 75% sembra altissima e molto distante rispetto ai dati delle ultime votazioni. L’istituto Piepoli ha effettuato i seguenti passaggi. Già alcune settimane fa il 74% rispondeva che pensava di andare a votare, ma in quella percentuale erano compresi sia quelli che rispondevano “certamente andrò a votare” e quelli che prevedevano di andare probabilmente a votare. La novità che permette a Piepoli di raggiungere nuove stime non pubblicizzate è data da una domanda inserita nell’ultimo sondaggio di lunedì scorso, quello di cui stiamo parlando. La domanda è relativa alla condivisione sulle dimissioni della Ministra Guidi. La risposta a favore delle dimissioni è stata “plebiscitaria”, oltre l’80%. Inoltre a domanda gli intervistati rispondono che quanto è successo rafforza la loro convinzione di andare a votare. La vicenda politica di questi ultimi giorni non solo mostra un abbassamento dei favorevoli al governo, anche qui rilevato dai vari sondaggi, ma anche un intreccio per noi positivo, e su cui in questo caso bisogna insistere, con il referendum sulle trivelle. Per queste ragioni la tara eseguita su quel 75%, che lo abbassava a meno del 50%, viene corretta in senso positivo dal senso motivazionale e politico di queste ultime risposte. In questo modo Piepoli giunge a formulare una forchetta di previsioni sul voto che sta a cavallo del quorum: 48% – 52%. In base a queste valutazione la partita sarebbe tutta da giocare fino all’ultimo minuto. Del resto anche altre Associazioni, come Legambiente, impegnate nella campagna hanno finora stime del voto inferiori ma comunque sul 40%. Potrebbe risultare decisivo riuscire a concentrare il voto nella mattinata del 17, in modo che la prima rilevazione diffusa sulla percentuale dei votanti incoraggi il voto last minute degli indecisi. In ogni caso, se il quorum non dovesse essere raggiunto, conta molto di quanto viene fallito. In queste condizioni, con i tempi strozzati dal governo, i mezzi di propaganda praticamente inesistenti un risultato comunque superiore al 40% non sarebbe depressivo. Anzi farebbe da stimolo alla campagna referendaria nel suo complesso. Certo, con il quorum facciamo tombola!
Invia un commento