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Come far rinascere i luoghi rurali: un nuovo equilibrio tra uomo, natura e tecnologia

da Centodieci, il Magazine di Mediolanum Corporate University

di Andrea Paoletti, 10 Agosto 2015

Uno degli scorci della Farm Cultural Park di Favara (Ag), progetto di riqualificazione del centro storico tramite l’arte (foto: cortesia Luca Savettiere, Flickr Creative Commons)

Uno degli scorci della Farm Cultural Park di Favara (Ag), progetto di riqualificazione del centro storico tramite l’arte (foto: cortesia Luca Savettiere, Flickr Creative Commons)

Negli ultimi anni in Italia, ma anche in altri contesti mondiali, stiamo assistendo a uno spopolamento delle zone rurali. Le persone hanno abbandonato la natura, attratti dalla forte immagine della città, simbolo di ricchezza e di opportunità, e stanno progressivamente perdendo le loro conoscenze in campo agricolo e artigianale per diventare individui nelle città e trovare posto all’interno di un meccanismo più grande.

Ci sono stati momenti nei quali questa migrazione di massa verso le città sembrava necessaria per la sopravvivenza, ma ora siamo ben consapevoli del fatto che non sia l’unica opzione. Nascita e sviluppo di Internet hanno dato a tutti la possibilità di rimanere in contatto con il mondo e di aprire infinite possibilità che non erano state prese in considerazione prima. Guardate ad esempio quello che è stato realizzato per pubblicizzare Vrin, un piccolo paese svizzero con appena 275 abitanti nel cantone dei Grigioni (Graubünden) a 1.500 metri d’altezza sul livello del mare. Un allegro montanaro locale comunica dal suo campo con i viaggiatori che passano nella stazione di Zurigo.

Altro caso è l’ e-commerce che ha permesso di salvare dall’oblio le competenze artigianali facendole diventare il centro di un settore internazionale. Persone provenienti da terre lontane, oggi possono connettersi a qualsiasi individuo o cosa in tutto il mondo, mantenendo un senso di comunità e collaborazione senza doversi muovere.
Attraverso questa connettività, siamo in grado di arricchire e osservare da diversi punti di vista lo scambio di idee e progetti con coloro che sono dall’altra parte del mondo. E inoltre c’è già chi propone pacchetti turistici con laboratori presso artigiani sparsi su tutta Italia, come Italian Stories.

Questa nuova connessione tra locale e globale sta dando una seconda chance a molti piccoli centri e c’è chi sta accettando la sfida proponendo modelli di rigenerazione e sviluppo molto diversi e alternativi.
Farm Cultural park, a Favara, è una comunità impegnata a inventare nuovi modi di pensare, abitare e vivere in un piccolo comune con circa 30mila abitanti a meno di dieci chilometri da Agrigento, in Sicilia.
L’obiettivo è quello di recuperare tutto il centro storico e trasformare il paese nella seconda attrazione turistica della provincia di Agrigento dopo la Valle dei Templi. Al momento è composto da un aggregato di sette piccoli cortili circondati da palazzi nel centro storico di matrice araba della città. Le attività consistono in mostre temporanee e permanenti, residenze per artisti, workshop, presentazioni di libri, concorsi di architettura e molto altro.

Il secondo esempio è Sextantio, nel borgo medioevale di Santo Stefano di Sessanio, un paesino a 1.250 metri di altitudine, nel Parco Nazionale del Gran Sasso, vicino a L’Aquila. Nel 1999 le case di pietra, per la maggior parte abbandonate e diroccate, costavano poco e l’imprenditore Daniel Kihlgren cominciò a comprarle. Attraverso un recupero basato su integrità paesaggistica e restauro filologico, Kihlgren ha creato un albergo diffuso tra le strade, le piazze e le case del borgo, contribuendo a far salire i prezzi delle case tra i 4 e i 7 mila euro al metro quadrato.

Un altro esempio è il caso di Succiso di Ramiseto, sull’Appennino tosco-emiliano, dove gli abitanti si sono uniti in una cooperativa di comunità, Valle dei Cavalieri, per evitare lo spopolamento del piccolo borgo di montagna e oggi si stanno facendo conoscere grazie a un film, Varvilla, diventando un esempio di senso civico.

Ma cosa accadrebbe se gli spazi dismessi in ambienti rurali generassero una opportunità unica per collegare gli imprenditori sociali con le comunità locali?
Le idee e i progetti che potrebbero nascere avrebbero molte più possibilità di avere un impatto diretto sulle comunità rurali locali. Queste attività hanno una vasta gamma di possibilità: innanzitutto il miglioramento dell’istruzione per ampliare le opportunità di mercato per gli artigiani e gli imprenditori locali, quindi migliorare le condizioni e l’economia delle persone che vivono in aree svantaggiate, in ultimo ridarebbero valore a questi territori.

A Grottole (la fotografia è in apertura all’articolo), un paese della collina materana con circa 2.000 abitanti, sto portando avanti con Casa Netural RiusiAMO Grottole. Si tratta di un progetto che punta a rivitalizzare il centro storico del paese, coinvolgendo la comunità locale e attivandola per poi dare impulso a una governance collaborativa. Per governance collaborativa s’intende un processo di costruzione di politiche e azioni volte a favorire lo scambio orizzontale, e quindi la collaborazione attiva tra cittadini e amministratori per la cura e la rigenerazione di beni comuni. Stiamo lavorando a Grottole per trasformarlo in un laboratorio di innovazione civica e sociale: abbiamo fatto una mappatura collettiva degli edifici dismessi che ha portato alla luce ben 629 spazi e ora svolgeremo degli incontri con persone di diverse età, per coinvolgerli e conoscere le loro idee su come rigenerare il centro storico e creare opportunità per le persone locali.

L’otto agosto abbiamo organizzato un gioco rurale partendo proprio dagli edifici mappati. Oltre a divertirsi, i partecipanti hanno avuto l’opportunità di scoprire alcuni luoghi inediti, andando alla ricerca di storie e dettagli custoditi da pochi. Stiamo cercando di guidare il processo in modo tale che ogni cittadino possa essere parte attiva e al tempo stesso stiamo iniziando a creare ponti con l’esterno per generare quell’effetto di scambio e collaborazione che può far fare un salto di crescita e di sviluppo al territorio, attingendo ispirazione da altri progetti, invitando persone a vivere l’esperienza direttamente e immaginando scenari di investimenti, creazione di comunità e sviluppo di servizi che partono dai locali e siano rivolti alle persone che sceglieranno di vivere in maniera temporanea o continuativa il paese. L’obiettivo del processo è creare un luogo sicuro dove tutti possano parlare di idee, le possano condividere, possano andare oltre i propri limiti in un clima di protezione e di comunità.

Questo atteggiamento potrebbe incoraggiare le persone a recarsi in luoghi come questi ormai semi abbandonati, e allora permetterà di avere una crescita economica locale in grado di sostenere la comunità e le risorse.

Questi luoghi antichi sono territori ricchi di sentimenti ed emozioni, sapori e odori che non esistono in nessun altro luogo e hanno un potenziale enorme se ampliato attraverso l’uso delle nuove tecnologie. Il collegamento all’aria aperta e allo spazio pubblico in modo nuovo ha una grande importanza perché può avere un impatto positivo sull’efficacia di idee e progetti e anche sulla vita privata delle persone: porterà a un ritmo più naturale e una vita più semplice e sarà utile alla creazione di rapporti umani più profondi e più collaborativi.
È il momento di proporre un nuovo equilibrio tra uomo, natura e tecnologia. Non dobbiamo pensare che lo sviluppo sia legato esclusivamente alla crescita del PIL di una nazione, dobbiamo anche guardare alla qualità della vita.

Andrea Paoletti è co-founder e presidente di Casa Netural, spazio di co-working rurale, coliving e incubatore di sogni a Matera, Basilicata. È anche co-founder di UUUSHH con cui ricerca, progetta e scrive di spazi di collaborazione, ed organizzatore della prima Sharing School d’Italia. Crea, lavora e insegna sui temi della trasformazione sociale e il coinvolgimento delle comunità nei processi di sviluppo.

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