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Arianna e Filippo hanno 30 anni, non sono iscritti su nessun social: «Non mi interessa»: Millennial italiani a-social

Millennial italiani a-social (Corriere.it)

Millennial italiani a-social (Corriere.it)

di Greta Sclaunich (Corriere.it)

«Non mi interessa». Arianna risponde così, da anni, a tutti quelli che le chiedono (con sorpresa, a volte con insistenza, spesso con curiosità) perché non ha un profilo su Facebook. Non si è mai iscritta nemmeno su Twitter o su Instagram, ha un profilo su LinkedIn ma «l’ho aperto anni fa, mi sarò connessa un paio di volte al massimo». Arianna non è un caso raro: fa parte di quella metà degli italiani che hanno deciso di stare alla larga dai social e di quei 33 milioni che non sono attivi su Facebook. Se si guarda alla sua fascia d’età, però, la cose cambiano: Arianna ha 32 anni, è una Millennial. Fa cioè parte di quella generazione, nata tra l’inizio degli anni ‘80 ed i primi 2000, caratterizzata da familiarità con media e tecnologie digitali. I Millennial no-social sono solo uno su quattro, secondo le stime della società di analisi Pew Research. E in questo senso sì, che Arianna è un caso raro.

Arianna: «Su Facebook troppe banalità»

Eppure non vive fuori dal mondo. Anzi: ha un dottorato in biologia ambientale all’Università di Trieste, è allenatrice di una squadra di minivolley e fa parte, anche lei, di una squadra di pallavolo. Le piace la musica rock e gira spesso il Nord Italia per andare ai concerti dei suoi gruppi preferiti. «Probabilmente mi perdo qualche evento, a stare fuori da Facebook – riflette – ma la verità è che, anche se ha una sua utilità, penso che le informazioni utili finiscano sommerse da troppe banalità. Che mi infastidiscono: perciò ho deciso di non iscrivermi». Ogni tanto ha dato un’occhiata ai wall dei suoi amici, quello che ha visto non le è piaciuto: «È un altro mondo, non quello reale». Twitter e Instagram, invece, le sembrano più interessanti: «Li ho visti usare, potrebbero piacermi. Però in fondo non ho mai davvero preso in considerazione la possibilità di iscrivermi, sto bene così». Anche perché, da un anno circa, ha scaricato WhatsApp, il sistema di messaggistica che, in quanto a numeri, ha ben poco da invidiare a Facebook: ha appena raggiunto il traguardo di un miliardo di iscritti (contro il miliardo e mezzo abbondante del social). «Per sentire gli amici, i colleghi, le compagne di squadre uso le chat», spiega. Come ammazza la noia durante quelle due ore in treno che passa ogni giorno per andare e tornare dall’università? «Leggo un libro, ne approfitto per lavorare. E sì, guardo anche fuori dal finestrino», sorride.

Filippo: «Quando mi annoio? Leggo»

Anche Filippo, quando vuole fare un pausa durante le ore di lavoro, legge. Articoli, di solito. Filippo ha 29 anni, vive a Desenzano del Garda e lavora nell’azienda tessile di famiglia. Anche lui vive senza social da anni. Sta bene così: «Avevo un profilo su Facebook, ma dopo un paio d’anni l’ho chiuso: mi sono reso conto che mi facevo gli affari degli altri senza volerlo. E soprattutto senza che me ne importasse nulla». Non gli manca, dice di non sentirne la necessità. Nemmeno per conoscere gente nuova o restare in contatto con chi ha già conosciuto: «Non dipende dai social, ma da te e da quanto vuoi o meno fare qualcosa». In fondo però Filippo è meno lapidario di ciò che sembra: «Non dico che i social siano inutili, anzi. Dico solo che a me non interessano». Gli piace LinkedIn, per esempio, ma non lo usa perché «ho già un lavoro e non ne cerco un altro». Ha un account su Twitter, quasi vuoto: «Lo avevo aperto durante un lungo viaggio con gli amici, ma ho smesso di scrivere quando siamo tornati». Come Arianna, si tiene in contatto con gli amici grazie a WhatsApp: «È utile e decido io chi sentire e chi no. Senza dovermi fare per forza gli affari altrui».

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