C’è una chiesetta di campagna dedicata a san Giuseppe e non più officiata da parecchio tempo, sulla collina di Montarice, a circa un km e mezzo dal centro urbano. È detta la chiesa del Burchiu, nei pressi della casa colonica della famiglia Stefanelli, insediatasi lì fin dalla fine del XIX secolo (1888).
Sembra (ma, al momento mancano riscontri documentali) che sia stata frequentata, sempre nel XIX secolo, dagli iscritti alla Confraternita del Cristo Morto[1], quasi tutti pescatori e artigiani. Qualcuno ha sentito raccontare che i confratelli, ogni venerdì, salivano per penitenza, a piedi scalzi e vestiti di sacco negro (nero) di juta, fino alla chiesetta. Altri riportano la voce secondo cui, in epoca pontificia, vi si recassero in catene i marinai o gli artigiani che non avevano soddisfatto al precetto festivo.
La voce burchio viene dal latino volgare bùrculum, barca fluviale a fondo piatto per trasporto merci, anche utilizzata per rimorchiare a terra il pesce dalle barche più grandi ormeggiate presso la riva. Il marinaio addetto alla bisogna era il burchiellàntu (latino volgare remùlculum>rembùrculum, da cui l’italiano antico rimburchio (rimorchio).
Ne Le baruffe chiozzotte di Carlo Goldoni (1760) un pescatore dice a un altro: Va in burchio! (atto I, sc. IV), con disprezzo, come a indicare un luogo non degno. E infatti, una delle protagoniste, Lucietta, accusata di intendersela con un battellante (burchiellante), esclama, indignata: So brutta, so poveretta, so tutto quel che volé, ma gnanca co un battelante no me ghe tacco (atto II, sc. III).
Sembra evocare l’orgogliosa rivendicazione di appartenenza alla marineria delle donne del Porto, che cantavano: (v)àle ppiù un marinàru in camigiòla ch’un artieréttu cu’ la giubba d’òru.
* Queste righe, destinate a un articolo per una rivista storica, sono state scritte molto prima che del Burchio si parlasse per ben altre ragioni.
[1] Non si conosce l’anno di fondazione della Confraternita, a differenza delle altre due attive al Porto di Recanati (del SS.mo Sacramento e Rosario e del Suffragio) entrambe erette il 4 marzo 1713 dal vescovo di Recanati, Lorenzo Gherardi. Forse anch’essa è nata in quell’anno, ma non se ne ha alcuna certezza.
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