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Storia economica recente della Slovenia

Mappa Slovenia

Copyright immagine: CC David Liuzzo

La Slovenia, la più produttiva delle repubbliche dell’ex Jugoslavia, divenne stato indipendente nel 1991; rappresentava solo un tredicesimo della popolazione della popolazione jugoslava, ma contava per un quinto del PIL e un terzo delle esportazioni della federazione.

L’economia slovena è tra le migliori dell’Europa centrale e orientale (reddito pro capite nel 2009: 23.800 dollari), anche se è stata pesantemente colpita dalla crisi finanziaria e dalla crisi del debito sovrano.

Il Paese ha una forza lavoro ben qualificata, infrastrutture eccellenti, una posizione strategica, tra i Balcani e l’Europa occidentale, e istituzioni politiche ed economiche stabili.

Persino prima del 1991, anno dell’indipendenza, l’economia slovenia era relativamente ricca grazie ai forti legami commerciali con l’Occidente. Il Paese ha poi riformato in modo prudente la propria economia.

La politica antinflazionistica del Paese si basava sul controllo dei capitali in entrata e il processo di privatizzazione fu rigorosamente regolamentato, favorendo la proprietà nazionale e imponendo un lungo lasso di tempo per la vendita delle azioni. Storicamente rappresentò un discreto successo, con progressi stabili verso la realizzazione di un’economia di mercato.

Nel 2004 la Slovenia divenne stato membro dell’Unione Europea e fu il primo tra gli entranti di quell’anno a sostituire la propria moneta (il tolar) con l’euro.

La crescita economica della Slovenia è fortemente dipendente dall’andamento della produzione manifatturiera per l’esportazione. Infatti, nonostante il contributo maggiore al PIL provenga dal terziario (come in quasi tutte le economie moderne), il manifatturiero rappresenta la quota maggiore di occupati ed esportazioni. La produzione e l’occupazione agricola sono relativamente basse.

Nel 2010 gli export principali della Slovenia sono stati veicoli a motore, attrezzatura elettrica ed elettronica, macchinari e prodotti farmaceutici. Nello stesso anno i principali mercati di esportazione erano tutti europei: Germania, Italia, Austria, Francia e Croazia.

La grande apertura al commercio internazionale rende la Slovenia estremamente sensibile alle condizioni dell’economia mondiale, e in special modo a quelle dei suoi partner europei. Di conseguenza, i costi del lavoro devono correre di pari passo ai livelli di produttività per mantenere e, se possibile, aumentare le esportazioni.

Dal 2004 al 2007 l’indebitamento ha finanziato un boom del settore privato, specialmente nell’edilizia. Nel 2009, e di nuovo nel 2011, la repentina contrazione dell’economia ha colpito pesantemente il settore delle costruzioni e quello finanziario.

Oltre alla contrazione del credito bancario e al crollo degli investimenti domestici, la Slovenia deve gestire il deficit pensionistico e soffre la competizione, in particolare di Cina e India, nei mercati occidentali. Le tasse sono relativamente alte (44.6% del PIL nel 2011) e il mercato del lavoro è da molti ritenuto troppo rigido. Il debito pubblico è cresciuto da 33,4% del PIL nel 2010 a 41,9% nel 2011, ma i numeri sono dubbi a causa di scarsa trasparenza nelle finanze pubbliche.

Nell’agosto 2012, Moody’s, Standard & Poor’s e Finch, le tre principali agenzie di rating statunitensi, hanno abbassato il rating del debito sovrano sloveno.

Fonti: globalEDGE, Embassy of the Republic of Slovenia in Vienna, Slovenian Press Agency, The Economist, The Slovenia Times, The World Factbook.

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