Nel luglio ‘97 il ministro Pier Luigi Bersani (industria, commercio, artigianato e turismo) cenò nel ristorante Torcoletto. Eravamo lì anche noi, per i fatti nostri, e cogliemmo l’occasione di due chiacchiere con l’uomo politico. Su una faccenda che di politico aveva poco assai. Infatti, dopo averci svelato che un tempo, da ragazzo, aveva passato qualche periodo da villeggiante al Porto, è saltato fuori che è qui sbocciò per lui
Il primo amore
… Tra una portata e l’altra, l’uomo di governo ha confessato di aver vissuto il suo primo amore, quello che non si scorda mai, con una ragazza di Porto Recanati: “Mai avrei pensato di tornare qui, stare così bene, e subire l’assalto dei ricordi di tanto tempo fa”. Accortosi di essersi sbilanciato troppo, il ministro non ha più detto parola sull’argomento.
Alzandosi da tavola si è limitato a promettere: “Ritornerò presto. Erano anni che non sentivo un pesce con tanto profumo di mare”.
Resta insoddisfatta la curiosità di sapere chi sia la ragazza portorecanatese di quel tempo, protagonista della “love story” saltata fuori grazie alla grigliata dell’Adriatico, al pane aromatico e allo champenois di Verdicchio.
(Corriere Adriatico del 6 luglio 1997)
Non solo non è stato svelato il mistero della ragazza, ma non si è inverata nemmeno la promessa di Bersani di tornare presto: non l’abbiamo visto più.
Quacquarì, cantate d’estate.
Ne ho un ricordo vago, anni ’50, perché ero proprio ragazzino quando lui viveva da protagonista le nostre estati al Porto. Quacquarì, esile e pelato, occhiali da vista e chitarra incorporata, girava per ristoranti e vicoli e cantava a richiesta. La gente lo chiamava: “Quacquarì, cantaci una canzone!”. E lui non si faceva pregare. Non so davvero, ma non lo sapeva nessuno, quanto riuscisse a guadagnare; male del tutto non doveva andargli perché era diventato un prodotto fisso della stagione. Una volta ebbe l’onore di una citazione da parte di zì’ Savè el Cucinieru (Panetti). Si dice che alcuni villeggianti chiesero un parere sul tempo che avrebbe fatto l’indomani a un collega bagnino del grande Saverio e non a lui medesimo. Costui, il bagnino, sbagliò previsione. Allora zì Savè commento, caustico: “Ben vi sta; avevate a disposizione Gigli e siete andati a sentì’ a Quacquarì!”. Non va dimenticato che il concittadino tenore ebbe sempre parole di elogio per il suo emulo e una volta cantarono in coppia nel lungomare: “Se non ci si aiuta tra colleghi …”, disse Gigli, che poi si mise a fare il giro dei presenti per raccogliere il loro contributo all’arte del bravo collega. A questo punto sarebbe dovere del cronista rivelare nome e cognome del personaggio, ma a che vale, se poi per tutti quelli che hanno memoria, lui è e sarà sempre e solo Quacquarì?
(Corriere Adriatico del 13 luglio 1999)
Quacquarì si chiamava Umberto Feliziani.
Il mio nonno (Alessandro Valentino Valentini) aveva una casa, al Porto, proprio accanto al barbiere (poi venne Rosina, la parrucchiera, ma prima c’era un barbiere) dove Gigli veniva a farsi la barba. Io me lo ricordo Quacquarì. Non avevo il coraggio di chiedergli di cantare, ma spesso gli andavo dietro sperando che qualcuno gli dicesse: “Quacquarì, cantaci una canzone”. Mi piaceva la chitarra, e quell’aria ispirata,come se in quel momento facesse una cosa davvero seria. Non ci avevo più pensato. Ma ora me lo ricordo Quacquarì. Grazie.
Ciao Alessandra, un abbraccio e, come speriamo sempre, a presto.
lino