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Dialetto in pillole (10) Il corvo

Un corvo (foto sogniesegni.com)

Un corvo (foto sogniesegni.com)

Il 22 agosto 1794 giunse al vescovo di Macerata mons. Domenico Spinelli, allora anche amministratore apostolico della diocesi di Recanati per temporanea assenza del vescovo titolare, la lettera di un “corvo”, un anonimo furente nei confronti del parroco Giambattista Michetti, da trenta anni al Porto. Si tratta del “documento” più antico sul dialetto portolotto di cui dispone la giovanissima storia della nostra comunità, il nostro Serment de Strasbourg *: frammisti a un traballante italiano, ci sono diversi termini che rimandano alla parlata locale. Ecco la lettera **:

Pregiamo a V. B. P. come e coretrice delle anime a reparare e rimediare questa vita che tiene questo corato nostro qui in questo porto di Recanati, il quale questo corato fa e disfa in tutto e per tutto, per l’anima non ci pensa mai ma bensì tutto per lui, noialtri non abbiamo mai inteso e veduto che un corato sia canceliero civile e criminale, tutto lui comanda e da ministro ancora qui in questo porto si ritrova due giovene in cinte e questo corato chiude li occhi il capelano tutta la notte e pasa la mezza note al cioco con magnamenti e fede false, come si dice la S. messa, in oltra il curato e capelano magnano a due ganasce con rigiri e falsità e lanime como suo obligo, ma non cacare il naso da per tutto da canceliero … Nelle compagnie quante volte ci sono le vedovanze lui il corato … vole fare e disfare tutto lui …***

La qualità della lettera è davvero pessima, per contenuto e forma. Dopo le righe sopra riportate, il corvo continua a parlare di bagordi, mette in campo un falegname ingiuriato da parroco e cappellano definiti “maiali grassi”. Se il vescovo non interviene, l’anonimo annuncia che avviserà il papa e qualora nemmeno questo bastasse:

… non ci incuriamo o la galera o la forca, fori lo volemo. Se lei vescovo non rimedia questa cosa, pregiamo la sua Bontà e li chiediamo scusa e perdono con il Bagio della Sacra Mano pregiamo di levare questi pegorari, altrimenti in Roma ci porteremo se questo corato e capelano non muta registro, et cetra … altrimenti sapiamo noi che fare e Lei ci metta riparo se no poco campa.

Insomma, un vigliacco della penna, come ce ne sono stati e ce ne saranno sempre tanti. Anzi, oggi ce ne sono assai di più, grazie alle opportunità offerte dagli strumenti della comunicazione elettronica, alcuni dei quali sono addirittura tenuti a garantire l’anonimato. Il corvo del 1794, purtroppo, non è stato né il solo né l’ultimo al Porto, ma vanta compagnia ben numerosa.

 

* Il giuramento di Strasburgo (842 d. C.) è quello tra Carlo il Calvo e Luigi il Germanico, redatto in una lingua che non è più latino e non è ancora francese.

** Le parole che mostrano caratteri dialettali sono sottolineate. Si tratta di indizi dialettali, tipo lo scempiamento delle doppie (coretrice invece che correttrice), magnà’, la c>g (peguràri, bàgio), fede, plurale invariabile rispetto al singolare, come le parte invece che le parti e poco altro. Per ognuno di questi fenomeni c’è un preciso perché, ma si tratta di questioni per specialisti, che però sarò ben lieto di discutere con chi lo volesse. Tra l’altro, a complicare le cose, c’è che la lettera ha tutta l’aria di essere stata scritta intenzionalmente in modo scorretto per meglio mascherare l’identità dell’autore.

*** L’acronimo VBP potrebbe significare Vostra Bontà Paterna.

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