A Edoardo Danieli, redazione di Macerata del Corriere Adriatico, nell’estate del ’91 venne in mente di realizzare una rubrica giornaliera per la stagione balneare e me lo propose. Bene, come no? Che cosa dobbiamo scriverci? Mah, le piccole cose che accadono tra spiaggia, passeggiate e divertimento vacanziero, personaggi, fatterelli. E come la battezziamo? Dai e dai, discuti, accetta e respingi … alla fine il nome fu:
Estate in Porto
11 luglio ’91. Zenga.
Al torneo di calcio dei “pulcini”, che si sta disputando al Nazario Sauro, si è visto, all’improvviso, Walter Zenga. Folgorate dall’apparizione, le masse non hanno dapprima creduto ai loro occhi. Poi, quando sono riuscite a liberarsi dallo choc, e qualcuno ha pronunciato il nome del portierone, c’è stato un ondeggiar di teste, seguito da una forte spinta sociale in direzione del nerazzurro.
Lui, però, non ha gradito perché ha fatto subito dietro front e si è imbarcato sull’auto di Silvano Ascani, che lo accompagnava, dileguandosi come i sogni all’alba. Eppure, quando uno come Zenga fa capolino a una manifestazione calcistica, dovrebbe immaginarsi il conseguente assalto dei tifosi. Non può sperare di passare inosservato; non si è mica recato a un congresso di filologia germanica.
20 luglio ’91. Trucco.
Sabato sera, al balneare di Pietro, lungomare Palestro, Giuliano Tiseni e Saverio Doffo, portorecanatesi e accaniti “trucadores”, stanno discutendo su una partita appena conclusa a casa del primo. Li ascoltano due giovanotti, che chiedono: “Anche voi sapete giocare a trucco?”. L’offesa è quasi sanguinosa e maligna è la domanda che segue: “Di dove siete voi?”. “Di Filottrano”.
Sguardi furbeschi tra i due indigeni, ingentiliti da sorrisi buoni a tagliare la gola: “Facciamo una partita?”. Quelli beccano: sembra la scena western del pokerista di professione che aggancia il debuttante al saloon. Cominciamo. Naturalmente sono uragani che si abbattono sugli incauti forestieri, ignari di calcare la sabbia della patria italiana del gioco del trucco. Alla fine, uno dei due ha anche la faccia di dire: “E pensare che siamo venuti a perdere a Porto Recanati!”. Beatissimi voi, ch’offriste il petto alle nemiche lance.
8 agosto ’91. Cortesie.
Davanti all’Azienda di Soggiorno è sbarcata una coppia di bergamaschi, ignara di geografia: lei, capelli biondi corti e a frangetta, fisico alla Kim Basinger; lui, spelacchiato e smilzo, accento disincantato del “viveur”. Sicuri di trovarsi a Recanati, hanno chiesto la strada più breve per arrivare alla casa di Leopardi. Lì, per caso, c’era Giggetto Doffo, che tutti conoscono in paese, amatissimo funambolo del calcio: “Guardi, vada diritto verso il lungomare, giri a destra, poi ancora a destra per via Ugo Bassi; alla fine, sempre girando a destra, faccia 50 metri ed è arrivato”. Che è solo un modo per ritrovarsi proprio lì, dove stavamo. Il vile se l’è subito squagliata, ma nemmeno noi siamo restati ad aspettare la coppia.
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